“Estendiamo, con i provvedimenti di oggi, al secondo trimestre le misure e ampliamo le misure di riduzione delle bollette a favore delle imprese e famiglie che abbiamo messo in campo negli scorsi mesi per il primo trimestre. Interveniamo in maniera strutturale per aumentare la produzione di gas italiano, che può essere venduto a prezzi più bassi e per semplificare e velocizzare l’installazione di impianti per l’energia rinnovabile”. Così Mario Draghi ha presentato venerdì scorso il decreto bollette 2022, un provvedimento assunto per contenere il costo dell’energia, che sta mettendo in ginocchio molte filiere produttive e sta pesando sui conti delle famiglie.



Oltre alla proroga delle misure in vigore, il decreto legge prevede l’introduzione di “un nuovo contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, in favore delle imprese gasivore”. “È stato fatto tutto quello che si poteva fare – commenta Davide Tabarelli, professore di economia all’Università di Bologna e presidente della società di ricerca Nomisma Energia – ma si tratta di una pezza a fronte di una falla di dimensioni gigantesche”.



Quanto durerà ancora la corsa dei prezzi del gas? Che cosa la alimenta?

La corsa dovrebbe essere finita, anche se ad alimentarla potrebbe essere la crisi in Ucraina e il pericolo di interruzioni nella fornitura di gas dalla Russia, che in gran parte passa proprio da lì.

Quindi non rivedremo i picchi registrati lo scorso autunno e a inizio 2022?

Siamo ancora a livelli di prezzo molto alti, ingiustificabili, intorno a 80 euro a megawattora, quando normalmente ci si aggirava sui 20.

Contro il caro bollette il governo ha stanziato 5,5 miliardi e ha previsto alcune misure. Basteranno?

Possono fare poco, perché rappresentano una pezza che non può tamponare una falla di dimensioni gigantesche. Anche nel secondo trimestre molte aziende e molte famiglie faranno ancora fatica a pagare queste bollette. C’è qualche piccolo segnale, qualche vagito, ma è stato fatto tutto quello che si poteva fare.



Per esempio?

È significativo che i grandi consumatori di energia elettrica e gas abbiano ottenuto un credito d’imposta del 20%, che va ad aggiungersi agli sconti ottenuti in precedenza. A fronte, però, di rincari delle bollette di 3-4 volte, questo credito non è tantissimo.

Il decreto aiuterà a rilanciare la produzione nazionale di gas?

No, anzi, in realtà rappresenta, paradossalmente, una pietra tombale sulla produzione di gas nazionale.

Perché?

Siamo in presenza di una serie di disposizioni molto disordinate e difficilmente realizzabili. E poi si parla di produzione di gas da estrarre da giacimenti esistenti, già in concessione, senza poter fare nuove perforazioni. È come andare a coltivare un orto senza poter vangare: tutt’al più si raccoglie poco.

Eppure questa era una richiesta che saliva unanime dalle imprese dei settori energivori

Lo hanno fatto per provare ad avere un po’ di gas. Ma in questo caso non succederà quello che è stato fatto in passato, quando l’acquisto anticipato era accompagnato dalla promessa di realizzare delle linee elettriche per l’import di energia a prezzi bassi.

E oggi?

C’è la promessa di produrre in futuro gas, ma senza nuove trivellazioni è impossibile.

Dove si potrebbe estrarre gas in Italia? Nell’Adriatico? O anche altrove?

L’Italia è piena di riserve di gas. Le stime ufficiali parlano di 70 miliardi di metri cubi di gas l’anno, ma è una cifra conservativa, perché sono ormai sono 15 anni che non vengono più effettuate ricerche. Sotto terra ne custodiamo tantissimo, potremmo tranquillamente arrivare ad averne 200 miliardi di metri cubi. Ricordiamoci che l’Eni è stata creata proprio per questa missione e negli ultimi anni è diventata la compagnia che scopre più giacimenti di gas in giro per il mondo. Abbiamo know how e tecnologie di prim’ordine.

A quanto ammonta oggi la produzione nazionale?

Il gas è la prima fonte di copertura della nostra domanda di energia con il 37% del totale. Ogni anno l’Italia consuma 76 miliardi di metri cubi di gas e l’anno scorso ne abbiamo estratti 3,3 miliardi. Il nostro picco lo abbiamo toccato con 21 miliardi nel 1994.

L’estrazione in Italia potrebbe avvenire a costi competitivi?

Sì. A fronte di un prezzo attuale di 80 centesimi al metro cubo, in Italia ci costerebbe tra i 5 e i 10 centesimi.

A Bruxelles dicono che quella a cui stiamo assistendo è una normale manifestazione del libero mercato, e che si aggiusterà tutto automaticamente. È davvero così?

Non è possibile parlare di normale comportamento di mercato quando il prezzo, in pochi mesi, balza da 20 a 100 euro al megawattora, cinque volte tanto, anche se poi è un po’ sceso. È un mercato che presenta gravi problemi di instabilità, con l’impossibilita ad affrontare eventuali ammanchi fisici o a contenere effetti panico.

Un’instabilità che potrebbe ripresentarsi in futuro?

Certo, questa situazione potrebbe ripetersi con la carenza di elettricità, con la chiusura di centrali nucleari o di impianti a carbone senza investimenti in nuovi giacimenti di gas. Una grossa responsabilità di quanto è accaduto ricade proprio sull’Europa, che ha lasciato cadere la produzione di gas.

A proposito di Europa, molte imprese energivore accusano la transizione verde voluta dalla Ue, troppo veloce e ideologica. Hanno ragione?

Sì, sono del tutto d’accordo con il loro giudizio. Basti pensare che per i fautori della transizione verde europei a quest’ora avremmo dovuto già essere senza gas, perché sostituito dalle rinnovabili, che però non ci sono. In tutta Europa il gas è ancora la prima o la seconda fonte, ma dall’Olanda alla Gran Bretagna tutti hanno investito poco sulle produzioni nazionali, Norvegia a parte.

Le famiglie sono alle prese con costi di luce e gas a livelli folli, anche per colpa di un eccessivo carico di tasse e accise. Sul fronte fiscale ci sono margini di manovra per alleggerire il caro bollette?

Gli oneri di sistema, che valgono 3 miliardi e che pesavano per il 25-30% sul costo della bolletta, sono stati prima ridotti e poi eliminati. Peccato che sono stati semplicemente spostati sulla fiscalità generale, cioè peseranno sul debito pubblico dello Stato.

Una sorta di partita di giro?

Invece di pagare questi oneri di sistema con le bollette, li pagheremo con le tasse.

(Marco Biscella)

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