Mario Draghi ha cominciato ieri la sua conferenza stampa con un ritardo di tre ore e mezzo al termine del Consiglio europeo, l’ultimo a cui partecipava il grande playmaker di questi anni, Angela Merkel. Draghi ha elencato i punti di cui il Consiglio si è occupato, che sono apparsi subito tutti problematici, per usare un eufemismo. 



Si va dal costo dell’energia, schizzato alle stelle in questi mesi, al consueto problema dell’immigrazione, alla recrudescenza in alcuni Paesi del Covid, al contenzioso durissimo tra Unione europea e Polonia sulla questione delle regole costituzionali che devono, in ultima analisi, regolare la vita dei singoli Paesi. 



Il nostro primo ministro è molto più abile non solo della “serie B” politica di casa nostra, ma anche di quella dell’Unione europea e probabilmente maschera anche un’insofferenza, radicata fin dai tempi di quando era Presidente della Bce, verso la burocrazia di Bruxelles, che rasenta spesse volte per inefficienza quella italiana. I contratti sull’energia ne sono un chiaro esempio.

Draghi ha poi risposto a una raffica di domande. Ha detto che è stata una riunione molto utile per quello che si è discusso, per i problemi affrontati e per quelli che si dovranno affrontare il più presto possibile, ma non ha nascosto le divisioni che esistono in questo momento nell’Unione europea. Cosa del resto che è ben nota.



Draghi ha affrontato uno dei problemi più spinosi, che è quello del costo dell’energia, e qui ha voluto essere rassicurante sugli aiuti che si devono dare subito alle famiglie, nel pagamento delle bollette di luce e gas, e sullo stoccaggio del gas che si deve attuare a livello europeo per garantire una parità di interventi per tutti i Paesi. 

Certo, non si può dimenticare che l’obiettivo dell’Unione europea è quella del passaggio alla fase verde, all’economia green, dove quindi l’energia che viene dagli idrocarburi deve essere lentamente sostituita con quelle che si chiamano le “rinnovabili”, le fonti che devono, per salvare il pianeta, garantire efficienza energetica pulita e sostenibilità ambientale, economica e sociale.

Ma il tempo che ci vorrà per sostituire le attuali fonti di energia che vengono dagli idrocarburi con quelle “rinnovabili” è, da quanto si capisce, lungo e costoso. Intanto è scontato che per un lungo periodo dovranno convivere fonti energetiche di un tipo e dell’altro e solo una strategia ben calibrata, a medio e lungo termine, può portare alla soluzione che tutti vorrebbero, cioè alla sostenibilità ecologica completa, che elimina gli idrocarburi come petrolio e gas, bandisce di fatto il carbone, come già si sta facendo in molte parti del mondo occidentale, e produce l’energia che arriva nelle case e nelle strade con le macchine elettriche. 

OvviamEnte questo passaggio epocale delle fonti energetiche non sarà affatto indolore anche per i costi. Del resto è lo stesso Draghi che parla degli aiuti alle famiglie sulle bollette del gas e della luce da attuare per prima cosa. Il perché non è affatto misterioso. Da un anno il prezzo del gas in Europa è aumentato di sei volte e le pipelines che arrivano all’Europa dalla Russia sono diventate, volenti o nolenti, un’arma di ricatto nelle mani di Vladimir Putin.
Lasciamo perdere i contrasti politici, le questioni come l’Ucraina e i dissidenti. Un tempo, ad esempio, l’Eni stabiliva con i russi forniture attraverso contratti lunghi, mentre oggi tutto questo non avviene più. Scelta della burocrazia europea. Di conseguenza, Putin si lamenta per la prima e la seconda ragione e fa la sua “battaglia commerciale” e di conseguenza politica.

Tutto questo ha alcune conseguenze. La prima è che il periodo della transizione e la convivenza con il gas sarà lunga e quindi dovremo trovare un modo di trattare con chi ha il gas da vendere. E il fatto non è facile da risolvere data la complessiva situazione geopolitica in movimento.

La seconda conseguenza che si intravede chiaramente sulla strada delle “rinnovabili” sono le posizioni differenti tra i Paesi europei. Prendiamo la Francia, ad esempio. L’energia della Francia è per l’ottanta percento circa dovuta alle sue oltre cinquanta centrali nucleari. Difficile che i francesi vogliano rinunciare a una simile capacità, tanto che sono in grado di vendere parte della loro energia (anche all’Italia) e insistono nel sostenere pulita l’energia nucleare. 

Dietro a questa posizione francese ci sono ben nove Paesi europei, quelli prevalentemente dell’ex Patto di Varsavia, i vecchi “vassalli” dell’Urss, che sono d’accordo con la Francia perché sono cresciuti con questo tipo di energia, negli ultimi venti anni, e a questa crescita non vogliono rinunciare. 

Il fatto è poi tutt’altro che secondario sul piano politico dell’Ue, perché è la Germania a essere la maggiore nemica del nucleare, mentre si serve abbondantemente del gas russo con due linee. Si dice che, proprio per questa ragione, l’asse franco-tedesco dell’ Unione europea stia andando in frantumi.

Ma più in generale, come si deve considerare l’energia nucleare? L’Italia, che non l’ha mai voluta accettare, potrà avere ripensamenti in una svolta green con il nucleare? Ci permettiamo di dubitarne.

Infine, occorre guardare alla lunga transizione anche pensando alla situazione politica mondiale e a quello che spetta all’Italia nell’immediato, anche nella sua ricrescita e ripresa che dovrebbe diventare strutturale.

Pensare che l’Europa possa diventare un esempio è giusto, ma ritenere che l’Unione europea possa da sola salvare il pianeta dall’inquinamento è già più problematico pensando all’inquinamento atmosferico della Cina (circa il 28 per cento) e a quello dell’India, altro Paese emergente che non saprebbe al momento riciclare i suoi impianti industriali per promuovere un’industrializzazione efficiente.

L’Europa quindi potrebbe diventare un esempio virtuoso, superando le divisioni interne, con costi salati e non solo a medio termine. Si pensi a una ripresa, nelle prossime settimane, con imprese che devono fare i conti con un prezzo energetico per il gas più alto di sei volte. O si pensi anche a possibili blackout oppure all’invito al risparmio di consumo nelle famiglie. 

Serve, è conveniente, probabilmente inevitabile la svolta green, Ma non illudiamoci che sia semplice e che non crei contraccolpi difficili da un punto di vista sociale e politico.

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