In molti hanno diminuito le uscite in mare, non riuscendo più a rientrare dei costi del carburante. E così anche il fatturato è colato a picco: Fedagripesca-Confcooperative stima che dall’inizio del conflitto in Ucraina il caro gasolio sia costato ai pescatori italiani 200 milioni di euro di mancati introiti. Una perdita di profitto lordo che nel 2022 ha corrisposto a circa il 28% di quanto guadagnato nel 2019 e nel 2020.
Si deve del resto considerare che un peschereccio di medie dimensioni consuma tra i 700 e gli 800 litri di gasolio al giorno. E nel caso delle pratiche più energivore, come per esempio quella della pesca a strascico, si va da 100 mila a 250 mila litri l’anno.
La buona notizia è però che proprio in questi giorni è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto, tanto atteso dal settore, che assegna 20 milioni di euro per sostenere le filiere della pesca e dell’acquacoltura, così duramente provate dalla crisi. Un fatto importante che però potrebbe non produrre gli effetti desiderati. “Si tratta di un piccolo passo – si legge in una nota congiunta di Federpesca, Alleanza delle Cooperative Italiane e Coldiretti Impresa Pesca – che, per dare avvio alla presentazione delle domande da parte delle imprese, necessita adesso di tempestività nell’attuazione. È ora fondamentale che il Ministero pubblichi velocemente le modalità attuative per presentare le domande senza attendere i 30 giorni previsti dalle norme. Insieme a questo, chiediamo al Governo di prevedere che la regolarità del Durc (Documento Unico di Regolarità Contributiva) non sia un requisito di ammissibilità, ma una precondizione per poter ricevere il contributo previsto. Solo in questo modo la maggior parte delle imprese avrebbero possibilità di accesso, rendendo tale strumento realmente utile in questo momento di crisi”.
Le associazioni avevano sollecitato un intervento a sostegno della filiera durante il tavolo di crisi aperto lo scorso 23 maggio al Ministero. E questo anche alla luce della crescente protesta registrata nelle ultime settimane in molte marinerie, con pescherecci fermi in banchina, come era già avvenuto all’inizio di marzo. Uno stop che pare avere già prodotto effetti negativi sui prezzi al consumo: stando a un monitoraggio condotto da Fedagripesca-Confcooperative, infatti, da marzo a oggi si registrano complessivamente aumenti fino al 30% per il cliente finale. E praticamente nulla in più resta nelle tasche del pescatore.
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