Francesco Mutti, Presidente di Centromarca, sarà presente sul palco del Meeting di Rimini, oggi alle 12:00, nel corso di una tavola rotonda dal titolo “Sostenere lo sviluppo. Nuove politiche per un’economia innovativa”. Con lui approfondiamo alcuni temi caldi emersi nell’ultimo periodo.

Crisi dei consumi: ne parlano tutti. I dati però parlano chiaro: se i consumi “in casa” flettono, al contrario i cash & carry e i grossisti fanno rilevare crescite a doppia cifra. E i ristoranti sono pieni. Cresce dunque il “fuori casa”. Ma non sarà forse un cambiamento dei consumi?



Sono d’accordo. L’evolversi dei consumi è complesso e molto difficile da decriptare. Le abitudini tendono a cambiare in modo rapido. Abbiamo avuto almeno due anni di perdita di tracciabilità dei dati. Ciò che valeva nel 2022, solo un anno fa, oggi non vale più. È cambiato tutto. Non solo i comportamenti riguardo ai consumi ma anche alla vita di tutti i giorni. Ad esempio: gli italiani sono ancora un popolo di risparmiatori? Siamo dunque in una situazione da “cogli l’attimo”. Con un caleidoscopio di comportamenti ormai difficili da decifrare.



Trimestre anti-inflazione: ci spieghi perché siete contrari all’iniziativa del Governo.

Innanzitutto voglio precisare che siamo in primissima linea nella lotta contro l’inflazione. In secondo luogo, la questione va vista in un’ottica di lungo periodo. Abbiamo vissuto anni con un’inflazione bassissima. E questo grazie alle aziende che hanno avuto e hanno come obiettivo quello di ridurre i costi e aumentare le efficienze. Con un notabene: quando parliamo di largo consumo, parliamo di una pluralità di aziende con una numerica che tende all’infinito. I dati ci parlano di 33mila aziende con un fatturato medio di qualche milione di euro. Una sorta di mercato perfetto. Quindi con attori e prodotti, come pure canali, diversi. Ebbene, queste aziende hanno tenuto per decenni l’inflazione bassissima. Poi, però, sono successi fenomeni esogeni che hanno creato problemi enormi. Il monitor dei bilanci 2022 delle nostre aziende, associate e non, parla di grandissime sofferenze. È l”Effetto Nightmare” con contrazione dei margini e calo dei volumi…



Bene, questo lo scenario. Andiamo sulla proposta del Governo.

Una premessa: non è possibile per un’associazione svolgere attività sui prezzi. Il nostro legislatore prevede che il mercato sia libero di muoversi senza alcuna interferenza. E le cito un caso stringente: alcuni anni fa il Governo sollecitò un intervento dell’industria per ridurre i prezzi di beni per l’infanzia. L’associazione di categoria che promosse l’iniziativa fu multata, successivamente, per tre milioni di euro dall’Antitrust. Aggiungo, inoltre, che fra le aziende dei beni di largo consumo non esiste un monopolio. Nessuna azienda italiana, per le sue dimensioni, può condizionare il mercato. Cosa che non è altrettanto vera per quanto riguarda la distribuzione. Che esercita il cosiddetto “buying power”…

Ce lo spieghi.

Se il Governo ci invita a bloccare gli aumenti, perché noi dovremmo essere gli unici a non scaricarli a valle? Un’iniziativa di questo genere rischia di fornire ulteriore potere alla distribuzione. Che ha catene, non dimentichiamocelo, con quote di mercato non dell’1% ma del 10% e oltre, con miliardi di euro di fatturato. E un potere di vita o di morte rilevante nei confronti delle aziende. Un potere enorme e abnorme. Quindi non è con quella strada che noi andiamo a migliorare la situazione.

Chiarito questo, qualcosa si deve fare comunque di fronte a questa situazione. Cosa proponete?

Ci sono diverse manovre da attuare per incrementare la capacità di acquisto dei consumatori. Sicuramente la riduzione del cuneo fiscale, su cui sta lavorando il Governo, permette di mettere più euro nelle tasche dei lavoratori. Il secondo elemento può essere una riduzione o addirittura un azzeramento delle aliquote Iva su alcuni beni di largo consumo. Il Governo poi dovrebbe intervenire per rendere più efficienti le filiere. Come dicevo in precedenza, le aziende italiane sono piccole. Per questo il grande tema è come aumentare il valore delle produzioni. Che a sua volta genera ricchezza per il Paese. E anche il tema del salario minimo mi sembra corretto. Dobbiamo essere in grado di pagare il giusto prezzo per la manodopera. Ma con un nota bene: dobbiamo essere certi che tutti seguano le leggi. E questo è un compito dello Stato.

Mario Gasbarrino, ad di Decò Italia, in un post, dopo l’adesione di Federdistribuzione all’iniziativa del Governo, ha scritto: “Ma la distribuzione è più buona o più ciula”? Cosa ne pensa?

Gasbarrino è un manager che conosciamo bene e che stimiamo. Sappiamo bene che la distribuzione ha avuto aumenti di fatturato ma riduzione dei margini. E questo malgrado avesse scaricato l’aumento dei costi sui consumatori. Ora: perché questo non può essere applicato all’industria? Perché solo le imprese devono fungere da diga? Aggiungo che certe frasi a effetto non mi piacciono. Lasciano il tempo che trovano.

Giorgio Santambrogio, ad di Vegè, in un’intervista al sito alimentando, chiede che: “Le azioni di convenienza della Gd devono avere il bollino del Governo”. Giusto?

Non ho una pregiudiziale nei confronti di questa ipotesi. Il vero punto è che serve una manovra di maggior respiro. Non servono gli slogan, anche simpatici. Al contrario dobbiamo lavorare a una progettualità che consenta di generare maggior valore per chi lavora. Questo fa la differenza per un piccolo Paese qual è l’Italia. Che ha nella qualità il suo asset strategico.

Ci aspetta veramente un autunno caldo in termini di prezzi oppure la fase critica è passata?

Credo che la fase critica sia fortemente alle spalle. Mi aspetto un autunno che ci possa permettere progressivamente di ritornare a una crescita dei costi non troppo dissimile da quella degli anni scorsi. Stiamo uscendo dalla parabola del 2022. Anche qui con un nota bene: le banche centrali credono che l’incremento dei tassi possa provocare effetti immediati sull’economia reale. Non è così, le tempistiche sono diverse e molto più lunghe. L’economia reale è un’enorme portaerei. Prima di poter cambiare rotta, c’è bisogno di tanto tempo. In autunno, forse, risentiremo degli effetti di manovre effettuate lo scorso anno.

(Angelo Frigerio)

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