I prezzi aumentano meno di prima. E l’anno prossimo continueranno a crescere, anche se probabilmente meno di adesso. L’inflazione del carrello della spesa, che in questo mese in termini tendenziali dovrebbe attestarsi alla fine di quest’anno intorno al 4,2%, scendendo sostanzialmente grazie al calo dei costi dell’energia, l’anno prossimo potrebbe auspicabilmente scendere anche sotto il 3%, pagando, in ogni caso, una serie di meccanismi che si sono innescati nei periodi precedenti.



Scendendo nello specifico, nell’anno appena trascorso, spiega Giorgio Santambrogio, Amministratore Delegato di Gruppo VéGé, le insegne specializzate nei comparti Cura Casa e Persona hanno guadagnato quote più di altri punti di vendita, seguite a ruota dai discount, anche se i supermercati, grazie a promozioni oculate, hanno saputo tenere il passo dei concorrenti. Di fatto, i listini dei fornitori stanno continuamente aumentando, a volte in modo non del tutto giustificabile, ma la Distribuzione Moderna, al fine di non perdere vendite, si è vista costretta ad assorbire questi aumenti, scaricandone ai consumatori solo una minima parte. Il prezzo, comunque, rimane il criterio base per scegliere cosa acquistare, anche se le abitudini dei clienti stanno cambiando: preferiscono fare la spesa più di una volta a settimana, per intercettare più promozioni e per approfittare meglio di eventuali diminuzioni dei costi.



Qual è l’andamento attuale dell’inflazione? E come è andato l’anno per la grande distribuzione?

L’inflazione che misuriamo rispetto a dicembre dell’anno scorso è del 4,2%. Ed è quella che comprende tutto il paniere. Chi sta andando meglio come formato sono ancora gli specialisti drug (come Splendidi & Splendenti, Opportunity Shop, Idea & Bellezza, etc) e i discount. Non sono andati male i supermercati, che sono in terza posizione: il cliente sta cominciando a capire che con un utilizzo saggio delle promozioni e un acquisto maggiore del prodotto a marchio, quindi con la marca dell’insegna del supermercato, può anche evitare di andare in un discount e ottenere lo stesso livello di convenienza. Il tasso di crescita dei discount, che hanno raggiunto il 25% del mercato italiano, è inesorabile, però la paventata fuga dei clienti da ipermercati, superstore, supermercati non c’è stata e si è riusciti a tamponare l’emorragia: tutto il dettaglio lavora meglio con la marca, che spesso il discount non ha, mettendola in promozione. Il cliente acquista un prodotto di marca in promozione spendendo lo stesso, se non meno, di un prodotto base line nel discount, che non è di marca. Per questo al di là dei risultati dello specialista drug, probabilmente perché in determinati prodotti della cura della persona il cliente trova più profondità di assortimento in questi punti vendita, subito dopo vengono i discount e i supermercati.



Lo strumento per rimanere concorrenziali con i discount, comunque, resta la promozione?

La promozione e l’aumento del numero di prodotti con la marca del distributore. A dicembre si è verificato un aumento dell’e-commerce ma la tanto preconizzata esplosione del commercio online non c’è stato. Fatto 100 le vendite del nostro settore l’e-commerce rappresenta appena il 3%. Non significa che sia in crisi, ma i clienti preferiscono ancora il punto di vendita fisico, dove c’è anche un rapporto diretto con il personale, nelle categorie dell’ortofrutta, del fresco, dell’ittico, della macelleria, della gastronomia e della panetteria  e pasticceria.

Il dato del 4,2% è quello che gli operatori si aspettavano?

È in discesa, ce lo si aspettava. Noi stiamo ancora ricevendo degli aumenti di listino da parte dei fornitori, anche in maniera indebita, però il nostro costo dell’energia, della logistica, e alcuni costi accessori sono diminuiti; obtorto collo ci teniamo in pancia parte di questi aumenti dei listini industriali e li scarichiamo a valle solo parzialmente. Per questo l’inflazione sta diminuendo. Quello che il cittadino, tuttavia, deve comprendere è che non stiamo parlando della diminuzione dei prezzi, ma dell’inflazione, cioè di una diminuzione dell’aumento dei prezzi. Una deriva inflattiva ci sarà, in ogni caso, ancora per tutto il 2024. Se anche tutta l’industria che mette i prodotti nei nostri punti vendita, non dovesse (ahimè per paradosso) aumentare più i listini, porteremmo comunque un’inflazione indotta da quanto è successo nel 2023, tale per cui la media di inflazione dell’anno sarebbe comunque dell’1,85%. Ecco perché dire che i prezzi diminuiranno, è scorretto.

Semplicemente, insomma, i prezzi aumenteranno ancora ma meno di prima?

Si, è così. Poi occorre distinguere tra le singole categorie. C’è ancora una inflazione elevata nell’ittico, nel petcare, nell’olio e un po’ nell’ortofrutta. Nella cura della persona, nei surgelati, nel fresco, invece c’è una diminuzione più accentuata dell’inflazione.

Nella sostanza ciò che ha fatto diminuire l’inflazione è soprattutto il minor costo dell’energia?

Direi che i costi energetici influiscono in maniera cospicua. E poi fortunatamente anche il minor costo di tutto quanto è derivato dal petrolio: carta, cartone, packaging, imballi. Inoltre, è in diminuzione anche il costo del vetro, mentre altri costi logistici globali come noli e container sono da mesi già in ribasso. Ecco che al centro rimane ineluttabilmente il costo delle materie prime. Ricordo infine che nel 2024, ci sarà la firma del CCNL, il contratto nazionale del commercio e per le imprese del retail vi sarà un ulteriore aggravio di costi, appunto per il personale.

Perché di questa dinamica della diminuzione dei costi dell’energia non risentono anche i listini dei fornitori? C’è qualcuno che ci specula?

In generale no, ma vi è comunque una coda lunga che ci penalizza ancora. Ciò che sorprende è verificare come vi siano, in alcune categorie, differenze marcate da fornitore a fornitore. Mi spiego: se all’interno di una stessa categoria ci sono fornitori che chiedono 5 o 6 punti di aumento di listino ed altri, ovviamente con un posizionamento di formato e prezzo molto simili, che ne chiedono 25 o 30, qualche domanda, inevitabilmente, occorre farsela.

Cosa possiamo aspettarci per il prossimo anno?

Quello che vedo è che c’è una diminuzione generalizzata dello scontrino medio, fenomeno che temo persista anche per il 2024. I clienti comprano di meno, e cercano di aumentare il numero delle visite settimanali nei punti di vendita. Un comportamento dettato sicuramente dal desiderio di non sprecare, ma anche dall’incertezza sui prezzi. Andando a fare la spesa più spesso, intercettano maggiormente le promozioni ed ipotizzano anche un’inflazione minore. Sarebbe auspicabile nel 2024 un ritorno da parte dei clienti ad una maggiore fedeltà al punto di vendita e che l’insegna ritorni ad ammaliare i clienti non solo per le precipue caratteristiche di convenienza, ma anche per la qualità generale dell’offerta sia di prodotto che di servizio.

Quali sono le variabili che possono incidere positivamente o negativamente sulla variabile prezzo?

Nel settore dell’ortofrutta e del fresco le variabili climatiche, che non sono ovviamente prevedibili. Secondo un recentissimo rapporto di Legambiente, nel 2023 ci sono stati più di 300 accadimenti eccezionali, al di sopra della normalità climatica, come siccità, inondazioni, esondazioni. Altro dipende da fattori esogeni mondiali, come i blocchi navali nel canale di Suez o nel Mar Rosso, che potrebbero far aumentare i costi della logistica. In realtà, ed è più un auspicio che una considerazione razionale, a parità di situazione non dovrebbero esserci nuovi picchi per quanto riguarda l’energia.

Il prezzo continua a essere il criterio preponderante nella scelta del cliente?

Al momento sì. Spero comunque che con questa continua diminuzione dell’inflazione, si torni a una scelta del prodotto basata sì sul prezzo, ma non solo. Nel 2023 stiamo diminuendo i volumi di vendita, perché il cliente compra meno: auspico ovviamente che nel 2024, ciò non accada. Anche perché, se diminuisce l’inflazione e contestualmente continuano a diminuire i volumi, il sistema dell’offerta in generale va in crisi. Spero si torni a scelte maggiormente valoriali: l’attenzione che l’insegna dà alla comunità, la lotta allo spreco, le politiche fattive e reali che le insegne effettuano su temi di sostenibilità sociale, nutrizionale e ambientale. L’ideale è che i clienti ritornino a premiare l’insegna che, a parità di convenienza, lavori in queste aree.

(Paolo Rossetti)

 

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