Mentre nel dibattito politico ha fatto breccia la Legge di bilancio per il 2025, gli italiani cominciano a chiedersi se l’anno prossimo si potrà assistere a una stabilizzazione dei prezzi, anche dei beni alimentari e di largo consumo venduti nei supermercati. Giorgio Santambrogio, amministratore delegato del Gruppo VéGé, evidenzia che ultimamente c’è stato ancora qualche aumento, «derivante da un’ultima piccola onda di incrementi di listino dei fornitori. Il nostro auspicio è che l’anno prossimo non ci siano ulteriori ondate di ritocchi all’insù dei listini. In questo modo potrebbe essere possibile tornare a un mercato “normale”, come quello pre-boom inflattivo degli anni scorsi».



Voi siete comunque in grado di poter verificare se la richiesta di un aumento dei listini è giustificata?

La distribuzione moderna, grazie ad apposite piattaforme e software (oltre al proprio know-how derivante dalla Marca del distributore), è sempre più in grado di controllare autonomamente l’andamento dei costi delle materie prime piuttosto che dei processi di lavorazione e, quindi, di poter verificare quando una richiesta di aumento dei listini può essere giustificata.



Si avvicina la messa a punto della Legge di bilancio. Avete qualche richiesta per il Governo, anche a prescindere dalla manovra?

Nella manovra sarebbe importante vi fosse la conferma del taglio del cuneo fiscale. Al di là di questo, andrebbe risolta una problematica relativa ai buoni pasto. Negli anni la dimensione del mercato dei buoni pasto è cresciuta molto ed è in ulteriore espansione. Una recente misurazione stima il suo valore in Italia in circa 4 miliardi di euro, di cui un miliardo riferibile a gare Consip (Pubblica amministrazione). Con il nuovo Codice degli appalti, entrato in vigore il 1° aprile 2023, le commissioni sui buoni pasto a carico degli esercenti, derivanti da gare Consip, non possono superare il 5% del valore nominale del buono pasto. Tale costo, si precisa nel testo, remunera ogni eventuale servizio aggiuntivo offerto agli esercenti. Questo risultato è stato ottenuto con un intenso lavoro verso il Governo da parte delle organizzazioni del commercio moderno (Federdistribuzione in primis) e tradizionale. È un risultato importante, ma che non risolve evidentemente l’enorme problema delle commissioni nel settore privato.



Come mai?

Il mercato privato è rimasto fuori da qualsiasi regolamentazione e continua a pesare sugli esercenti con commissioni medie del 15% e punte che arrivano al 20%. La situazione è ancora più grave se si considera che circa il 70% dei 3 miliardi riferibili al mercato privato viene speso nella grande distribuzione alimentare, con un onere ormai insostenibile. Noi abbiamo anche portato concrete proposte per un intervento normativo che potesse portare a un allineamento delle commissioni a carico degli esercenti tra il settore pubblico (5%) e il settore privato (15%-20%). Sono stati fatti buoni passi avanti e attraverso un tavolo interministeriale, il Governo ha preso un impegno a introdurre una misura che vada in tale direzione e auspichiamo che questo impegno possa essere mantenuto.

Siete ottimisti al riguardo?

Sì, se non altro per l’ottimo rapporto di fiducia reciproca tra Federdistribuzione e Governo. Basti pensare che il Masaf ha chiesto di poter fare in modo che per il secondo anno fosse possibile introdurre uno sconto del 15% o l’emissione di un buono spesa di pari valore su alcuni prodotti di prima necessità acquistati tramite la carta “Dedicata a te” riservata alle famiglie meno abbienti. Il 15% di 600 milioni è una cifra incredibilmente alta, ma ribadendo ancora una volta il nostro ruolo di responsabilità sociale, la risposta è stata affermativa. Tra l’altro riteniamo positiva un’altra scelta fatta dal Governo in sede europea.

A che cosa riferisce?

L’Italia, insieme ad altri 14 Stati, si è schierata contro la proposta Ue di far sì che ogni transazione, di qualsiasi importo e per qualsiasi settore, debba essere pagata a 30 giorni. Si tratta di un intervento a nostro avviso non necessario. Non possiamo dimenticare, infatti, che il Decreto 198 del 2021, tra le altre cose, regola i tempi di pagamento, distinguendo tra prodotti freschi, freschissimi e deperibili e tutti gli altri, indicando in 30 giorni dalla data di fattura i termini di pagamento per i primi e in 60 giorni dalla data di fattura per gli altri.

C’è qualcosa, invece, che non vi convince nelle ipotesi di intervento dell’Esecutivo?

Sì, ha a che fare sempre con il Decreto 198 del 2021, nella parte che riguarda il contrasto alle pratiche commerciali sleali. C’è, infatti, la volontà di poter arrivare a fissare a priori l’entità dei costi medi di produzione del comparto agricolo, cosa che sembra impossibile da realizzare. Ci sembra, infatti, insensato poter fissare ex ante questo tipo di costi e sarebbe persino penalizzante per gli agricoltori più efficienti.

(Lorenzo Torrisi)

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