L’attacco è diretto. Non fa giri di parole Giancarlo Foschi, amministratore delegato di Orogel, nel puntare il dito contro gli aumenti dei listini praticati nel settore logistico. “Sa cosa mi colpisce in tutta storia?”, si chiede il manager dalle colonne del Corriere della Sera, commentando i maggiori costi con cui ha dovuto fare i conti la sua azienda davanti all’amento del prezzo delle materie prime e al caro-energia. “I bilanci record di molti operatori della logistica” è la risposta dello stesso Foschi, che continua: “È sicuramente vero che in quel settore la pandemia ha scardinato tutti gli equilibri e che molti container girano ancora a vuoto. Ma l’impressione è che ci sia qualcuno che specula per fare extraprofitti anche al prezzo di mettere in ginocchio intere filiere e i consumatori finali. Una situazione su cui bisognerebbe trovare il modo di intervenire”.
Sul tavolo dei vettori però i problemi ci sono davvero. Sono reali e concreti. E rubricarli come frutto di speculazione rischia di essere ingeneroso, dicono i rappresentanti del settore. “Oggi il costo del gasolio – fa notare Renzo Sartori, vicepresidente di Assologistica e presidente di Number1 Logistic Group, una realtà capace di muovere 4 milioni e 300 mila quintali di merce in entrata e uscita in un anno – è a 1,8 euro alla pompa di benzina, fino a qualche giorno fa era a 1,5, e continua a salire. E così un piccolo imprenditore che ha a disposizione 2-3 mezzi, si trova a doverli tenerli fermi, perché quando li fa correre, i costi diventano insostenibili”. Ma non solo. “Accade anche che manchino i camion – continua Sartori -, e in questo caso i vettori se li ‘rubano’ tra loro. Il risultato è un doppio rincaro: quello del gasolio e quello necessario per battere la concorrenza. Senza contare che sul settore grava anche la carenza di autisti: ne mancano all’appello ben 17 mila, complice la chiusura di tante piccole imprese, il ricambio generazionale, l’obbligo di green pass e la concorrenza delle piattaforme di delivery dell’ultimo miglio. E guardando avanti, il gap potrebbe irrobustirsi fino ad arrivare a quota 30 mila”.
La situazione è insomma parecchio complicata e potrebbe non limitarsi al solo settore dei trasporti, dando vita a un “effetto domino” capace di mettere sotto pressione la tenuta dell’intera economia. “Il pericolo – afferma Sartori – è che, una volta fermata la logistica, si rallentino anche la produzione industriale e il tasso di crescita del Paese”.
Da qui, dunque, la necessità di intervenire presto. Ma come? Un contributo potrebbe venire dal superamento delle criticità generate dall’assenza di un contratto tipico della logistica. Un punto che il presidente di Assologistica Umberto Ruggerone ha portato all’attenzione della ministra della Giustizia, Marta Cartabia durante un colloquio andato in scena lo scorso 28 gennaio. Un punto non risibile, perché “grazie al contratto – afferma Ruggerone – potremmo ridurre contenziosi e difficoltà, che limitano fortemente l’attività delle migliaia di imprese di un settore capace di esprimere il 10% del Pil e coinvolgere circa un milione di lavoratori”.
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