In riferimento al precedente articolo del 17 agosto, continuo la mia analisi sul fenomeno del “caro voli”, in ordine al quale, consideratane la complessità, vanno fatte più puntate, chiedendo uno spirito di comprensione da parte di chi legge. Questo fenomeno ha una caratteristica ancora più spiccata riguardo i voli nazionali per i quali, paradossalmente, lo Stato, attraverso le Regioni, ha dato alle compagnie aeree incentivi addizionali, a parte quelli già esistenti che gli aeroporti danno alle low cost, sia in partenza, sia in arrivo. Tutto ciò è un assurdo, e, al limite, potrebbe essere ammesso (e solo per un periodo iniziale) soltanto per gli aeroporti che hanno poco traffico per attirare di più la clientela, o per aeroporti al di fuori dei principali centri urbani o aeroporti secondari, ma giammai per un city airport o un aeroporto principale di una città importante. Comunque, alla base, c’è il fatto che è impossibile calmierare le tariffe di trasporto quando il vettore è una SPA che agisce in concorrenza e con logiche di mercato anche se si tratta di SPA a totale capitale pubblico.
A parte il trasporto aereo, anche il trasporto marittimo e ferroviario e, in misura minore, quello su gomma, stanno attraversando gli stessi problemi. Si potrebbe, dunque, parlare di un “caro trasporti”e non solo del “caro voli”. Credo che il caro trasporti ormai si sia espanso in tutta Italia e non solo nelle Isole dove si è maggiormente avvertito. E si tratta di un fenomeno che certamente allontana il turismo straniero dall’Italia, con effetti dannosissimi sulla nostra economia.
Oggi assistiamo al paradosso che i trasporti marittimi, per esempio in pieno luglio/agosto, hanno delle tariffe talmente alte da allontanare i turisti dalla grandi isole e anche dalle piccole, per le quali la domanda turistica è tanto alta da richiedere un incremento dei vettori marittimi, considerato anche che ci sono località addirittura prive di linee marittime. Anche nelle ferrovie, essendosi prediletta l’alta velocità e soppresso vari treni validi a lunga percorrenza come i vecchi Espressi e Intercity, i prezzi sono saliti così tanto che, se si va in gruppo, può convenire il trasporto su gomma o l’aereo. Esempio molto significativo è quello di Trenitalia, che una volta era “Ferrovie dello Stato”, un ente statale fuori commercio, che non doveva fare profitti, ma solo pareggiare i costi con le entrate dei biglietti venduti, essendo divenute una SPA, per di più a totale capitale pubblico, ed essendo pertanto obbligata a seguire le leggi atroci della concorrenza di mercato, ha aumentato i prezzi del trasporto, per massimizzare i profitti (che, come detto, non esistono per le Aziende di Stato, le quali, peraltro, sono escluse dalla possibilità di fallimento), a danno degli utilizzatori del servizio.
Credo che si sia creata una situazione insostenibile avendo dato tutto ai privati, gestori del servizio pubblico del trasporto (aereo, marittimo e stradale), mentre ai sensi degli articoli 42 e 43 della Costituzione i “servizi pubblici” sono “proprietà pubblica demaniale” del Popolo e non possono essere dati in concessione, ma devono essere gestiti, come sopra si diceva, soltanto da Aziende pubbliche. In sostanza, la “liberalizzazione” del trasporto aereo e la “privatizzazione” del trasporto marittimo e terrestre è stato un durissimo colpo contro gli interessi del Popolo italiano ed è servita soltanto per arricchire le multinazionali, utilizzando, e questo è davvero assurdo, anche SPA a completo capitale pubblico, cioè danaro proprio del Popolo italiano. Ed è inoltre da considerare che dette SPA chiedono continuamente aiuti economici regionali o statali, che Stato e Regioni sono costretti a concedere, per evitare che le isole o altre località restino senza collegamenti o con collegamenti dimezzati.
Occorrerebbe, quanto meno, che lo Stato, anziché finanziare SPA a totale capitale pubblico, rinazionalizzasse queste ultime, ritrasformandole in Aziende pubbliche, esenti dal principio della concorrenza mercantile e, quindi, dalla necessità di perseguire “profitti”, dovendo, come si è detto, soltanto coprire i costi con il prezzo dei biglietti, che sarebbero stabiliti con tariffe inferiori, alle quali dovrebbero attenersi anche le SPA a capitale privato che agiscono in regime di concorrenza. Ormai il cittadino non crede più nello Stato anche per questa perdita di sovranità nell’espletamento dei servizi pubblici, come detto, inadeguati ai bisogni di un Popolo che si vede tartassato dalle imposizioni fiscali, chiedendosi perché debba pagare le tasse se poi i servizi dati in cambio sono a tariffe talmente alte e tanto inadeguate rispetto alla qualità del servizio prestato. Concludo questa puntata di sola analisi citando delle parole di un esperto della nostra Costituzione, il prof. Paolo Maddalena (vicepresidente emerito della Corte Costituzionale) che credo dicano tutto:
È avvenuto un errore legislativo, l’aver messo in concorrenza sui mercati i servizi pubblici essenziali, che erano in mano pubblica. Il crimine legislativo è stato la “privatizzazione”, cioè la trasformazione delle nostre Aziende pubbliche in SPA. Finché c’è stato l’IRI, con le sue mille Aziende e seicentomila dipendenti, lo Stato aveva le redini dell’economia e stabiliva il livello dei salari, mantenendoli alti, poiché le Aziende non dovevano fare profitti. Inoltre erano assicurati i posti di lavoro. A questo punto, c’è una sola soluzione: rinazionalizzare le imprese private strategiche. Lo Stato pagherebbe una volta sola e non si troverebbe nell’assurdo di provvedere alle spese e poi trasferire i guadagni ai privati. La nostra Costituzione economica prevede un sistema di stampo Keynesiano, che parta dalla distribuzione della ricchezza alla base della piramide sociale, in modo che i lavoratori vadano ai negozi, i negozi chiedano alle aziende e queste ultime assumano lavoratori e producano beni e servizi. Siamo completamente fuori strada. E l’errore è stato compiuto innanzitutto dalla modifica del titolo V della Costituzione, che ha introdotto la “concorrenza” tra le competenze statali. E poi è avvenuta la micidiale “privatizzazione” della quale ho fatto cenno.
antilleanatlantic@outlook.com
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