C’è una slot-machine, dentro i conti economici delle compagnie aeree low-cost di cui l’umanità è divenuta dipendente, quasi come dagli smartphone. Una slot machine parente stretta di quella che stordisce vecchi e giovani ludopati nelle sale-gioco: è semplicemente un algoritmo, che rileva l’incremento delle richieste di prenotazione di biglietti aerei in determinate tratte e in determinati periodi e… ci specula sopra! Cioè: non è che le compagnie in questione esauriscono i posti disponibili e, come si diceva una volta a Milano, “tirano giù la cler”. Tutt’altro: quando vedono che s’infittiscono le prenotazioni, alzano i prezzi. E incassano guadagni favolosi. Per quel fenomeno triste ma inevitabile che si chiama “acquisto compulsivo” e che spegne la lucidità in noi consumatori inducendoci anche a fare passi più lunghi delle gambe.
Però, questi guadagni favolosi le compagnie low cost stanno per perderli. Perché stavolta il Governo l’ha fatta giusta. In che senso? Spieghiamoci. Per carità, se tutti vogliono fare la stessa cosa tutti insieme, è normale che i prezzi salgano. Dipende però da “quanto” salgono e “dove” salgono. E dunque domani, il 7 agosto, ci sarà un Consiglio dei ministri dedicato a due misure molto attese da milioni di italiani. Una riguarda i taxi, ne parleremo. L’altra appunto il calmiere dei prezzi dei voli.
“Contro il caro-voli siamo intervenuti per cancellare l’algoritmo che veniva usato – ha detto, parlandone, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, intervistato ieri a SkyTg24 – una pratica distorta che profila l’utente e determina un’asta dei voli con un aumento dei prezzi negli ultimi giorni. Ora non sarà più possibile usarlo”. E non basta: “Abbiamo inoltre definito un tetto alle tariffe verso le isole – ha aggiunto – e d’intesa con Salvini faremo pressione per chiedere all’Unione europea di definire come centri senza contiguità territoriale quelli che non sono serviti dall’alta velocità”. Dunque la legge italiana da domani definirà “pratica commerciale scorretta” “l’utilizzo di procedure automatizzate di determinazione delle tariffe basate su attività di profilazione web dell’utente o sulla tipologia dei dispositivi elettronici utilizzati per le prenotazioni, quando esso comporti un pregiudizio economico per l’utente”.
Attenzione: questo è un modo per prosciugare con un bicchierino l’oceano delle iniquità delle vere e proprie rapine psicologiche, che vengono perpetrate ai danni di noi vittime consenzienti dalla platform economy e in generale degli algoritmi applicati al commercio elettronico. Ci vuol altro. Google, Facebook, tutti i colossi della Rete vivono grazie alla sostanziale espropriazione della nostra privacy, e fingono che sia l’opposto disseminando le nostre sedute sul web di odiosi pop-up che ci chiedono se accettiamo i cookies oppure no, e tutti diciamo tendenzialmente di sì, perché la cosa sembra gratis e poi cosa saranno mai questi cookies? I biscottini, come dicono i traduttori automatici?
Però per quanto sia un piccolo passo, è pur sempre un atto coraggioso. Poi, si sa: in fatto di algoritmi strapotenti, il problema è ben altro. I due veri monopolisti del web nel mondo occidentale, cioè innanzitutto Google e poi Facebook, potrebbero smettere di essere quei prepotenti padroni delle nostre vite, non solo commerciali, e delle nostre opinioni soltanto se qualcuno prendesse il coraggio a due mani e imponesse loro di smembrarsi in dieci pezzi ciascuno, del tutto distinti proprietariamente e determinati, o comunque destinati, a farsi concorrenza reciproca. Ma – come ha attestato una recentissima ricerca di Harvard sugli effetti velenosi che i social determinano sulle democrazia occidentali evolute – i ben 58 disegni di legge proposti al Congresso americano negli ultimi dieci anni in questo senso sono stati tutti insabbiati grazie al potentissimo (e lauto) lavoro di lobby che hanno appunto fatto i due giganti.
I lobbisti hanno vinto anche contro un’altra scuola di pensiero, volta anch’essa a tagliare le unghie ai padroni degli algoritmi: quella di chi predica che i social siano assoggettati alle stesse regole (identità nota e niente anonimato, responsabilità civile e penale dei contenuti) che limitano la discrezionalità dei media tradizionali. Niente da fare.
Tornando a Urso e all’algoritmo dei voli, è una mossa coraggiosa quella che domani tenterà il Governo a prescindere dall’esito reale che avrà e dai verosimili ricorsi al Tar. Come sarebbe coraggioso – paradossale dirlo ma è così – se davvero il Governo domani intimasse anche ai Comuni di incrementare le licenze di taxi gestite fino a un massimo del 30%. Una sconfitta, sarebbe, per l’altra potentissima lobby di cui merita parlare, appunto quella dei tassinari, maestri insuperabili, ovunque, nel far restare tutto tale e quale. A danno di noi utenti. Vedremo.
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