La questione fosse comuni a New York, negli Stati Uniti d’America, per le persone decedute dopo aver contratto il Coronavirus sta suscitando un dibattito internazionale, poiché interpretata da molti Paesi del mondo come una soluzione di cattivo gusto e poco rispettosa nei confronti dei defunti. I corpi delle vittime del Covid-19 che non possono permettersi un funerale o che non sono “reclamati” da parenti o amici vengono sepolti ad Hart Island, una piccola isola situata di fronte al Bronx della Grande Mela, in passato, riferisce Rai News, sede di un campo di prigionia della guerra civile, di un manicomio, di un sanatorio per la tubercolosi, di un riformatorio per minorenni, di un carcere e di un centro di riabilitazione per tossicodipendenti. Una soluzione che trova d’accordo anche un’illustre nativa della Big Apple, l’attrice Carol Alt, che dichiara: “Credo ci sia un fraintendimento nel modo cui gli altri Paesi del mondo vedono la situazione delle fosse comuni a New York. So che ha creato molto scalpore, ma bisogna spiegare che è un’idea intelligente”.
FOSSE COMUNI A NEW YORK, CAROL ALT: “IDEA VERAMENTE INTELLIGENTE”
Nelle dichiarazioni rilasciate a Rai News, Carol Alt ha inoltre spiegato che in realtà l’isola è sempre stata un grande cimitero e che, dato che in questo momento le chiese sono chiuse e non si possono celebrare funerali, quella avuta dal sindaco newyorkese Bill de Blasio è da ritenersi un’idea “veramente intelligente”, perché “quando tutto sarà finito, le persone potranno andare a recuperare i loro cari. Ma credo che si debba spiegare meglio la questione, altrimenti la gente degli altri Paesi penserà che ci siano semplicemente migliaia di morti buttati nelle fosse: non è così”. Infatti, il primo cittadino, durante un’intervista televisiva alla rete NY1, ha annunciato che i corpi dei defunti saranno seppelliti individualmente, in modo da consentire alle famiglie di reclamare le spoglie dei propri cari quando questa emergenza epidemiologica sarà ormai un ricordo terribile ma lontano nel tempo, e, aspetto non secondario, per una forma di rispetto doveroso alle vittime e alle loro famiglie.