La Corte d’Assise d’appello di Milano ha pubblicato le motivazioni della sentenza con cui lo scorso 21 febbraio ha condannato all’ergastolo Davide Fontana per l’omicidio di Carol Maltesi. La 26enne venne uccisa l’11 gennaio 2022 con 13 martellate inflitte dal 45enne, che in passato aveva avuto una relazione con la ragazza, poi fatta a pezzi e conservata per oltre due mesi all’interno di un congelatore, per poi abbandonarli in una discarica nel bresciano.



Carol Maltesi, secondo la Corte, è stata uccisa “perché non era un uomo ma una donna“, in un “costante filo rosso, quasi un denominatore comune” con gli altri “delitti omologhi e della stessa indole”. La ragazza era colpevole di essersi cercata “una sua indipendenza, economica e personale, nella carriera di attrice-porno” ed è finita vittima della “furia omicida verso un fin troppo facile ed inerme bersaglio” di Fontana. A questi, proprio a fronte dell’inaudita “barbarie” con cui ha ucciso Carol Maltesi, i giudici hanno riconosciuto anche le aggravanti di premeditazione e crudeltà, aumentando all’ergastolo la pena a 30 anni che era stata inflitta nel primo grado di giudizio.



La Corte d’Appello di Milano: “Fontana ha approfittato di Carol Maltesi mentre era inerme”

Chiara la premeditazione dietro all’omicidio di Carol Maltesi secondo la Corte, perché fu Fontana a commissionare alla ragazza il video che gli ha fornito “l’opportunità per l’attuazione” di quello che aveva “preordinato”. Fontana avrebbe “carpito” il consenso della vittima a rendersi “inerme, in balia dell’altrui violenza senza poter reagire, difendersi, urlare, chiedere soccorso”, in una sorta di “ultimo, osceno, ‘set cinematografico’, un’uscita di scena simbolicamente punitiva“.



Carol Maltesi è stata vittima di una “brutale violenza di genere”, secondo la Corte, che sottolinea come Fontana invece di lasciar “andare” la ragazza o ci cercare “di valorizzare il legame con lei”, ha scatenato tutta la sua “furia omicida“, approfittando della minore difesa della sua vittima. Deprecabile, inoltre, la tendenza evidenziata dalla Corte, e confermata da Fontana, a ricorrere a perizie psichiatriche anche quando “non sono palesi i sintomi di un disturbo”, e che sembrano cercare, anche per il caso di Carol Maltesi, di rendere “inappropriate le risposte sanzionatorie” quando “appaiono insufficienti ed inadeguate le risposte razionali“.