Mercoledì l’Istat ha confermato un rialzo a doppia cifra per l’inflazione di ottobre (+11,8% su base annua), ma la variazione è stata ancora più consistente per i beni alimentari, per la cura della casa e della persona (il cosiddetto “carrello della spesa”), pari al +12,6%.
“È necessario risalire a giugno 1983 (quando registrarono una variazione tendenziale del +13,0%) per trovare una crescita su base annua dei prezzi del ‘carrello della spesa’ superiore a quella di ottobre 2022”, ha evidenziato l’Istituto nazionale di statistica. «Non sono, purtroppo, sorpreso da questi dati», è il commento di Giorgio Santambrogio, amministratore delegato del Gruppo VéGé, che ha più di 3.470 punti di vendita e una quota di mercato del 7,9%.
Come mai non è sorpreso?
L’aumento del “carrello della spesa” è sostanzialmente figlio degli aumenti dei listini che ci hanno presentato i fornitori e che, obtorto collo, riusciamo in parte ad assorbire, e che quindi siamo costretti a scaricare (sebbene in minima parte) sui consumatori. La data di applicazione di questi incrementi può arrivare fino a 2-3 mesi dal momento in cui vengono negoziati e pertanto quello che ha registrato l’Istat è il frutto delle richieste che ci sono arrivate nel periodo estivo e che hanno riguardato, in particolare, i prodotti freschi e freschissimi.
Dopo l’estate sono arrivate altre richieste di aumento dei listini?
Sì e stanno ancora arrivando dei ritocchi, per cui l’onda lunga di questi aumenti non terminerà quest’anno. A meno che non sorgano altre condizioni in grado di mutare il quadro, credo si possa dire che durerà per tutto il primo semestre del 2023, anche perché il fatto che i consumi non stiano aumentando, in volume, porterà ad aumentare ancor di più la competizione tra le diverse insegne, con maggiori promozioni, offerte, ecc. Questo abbasserà ancora di più i nostri margini, ma contribuirà a rallentare l’inflazione. Inoltre la maggior competizione ci consentirà di recuperare terreno, auspicabilmente, rispetto all’attuale corsa dei discount, che la scorsa settimana ha avuto un’inflazione del 17%.
Intanto è arrivato il Decreto aiuti-quater. Sono stati fatti passi in avanti per quanto riguarda le richieste avanzate dalla distribuzione già nei mesi scorsi?
Dalle interlocuzioni avute con palazzo Chigi la sensazione è quella di una maggior attenzione alla problematiche del nostro settore. Nessuno ha la bacchetta magica, ma l’auspicio è che il Governo riconosca l’importanza che ha l’intera filiera agroalimentare, soprattutto la parte maggiormente sofferente come quella della distribuzione. Sul tavolo restano diverse questioni: un maggior credito d’imposta (il 30% non è sufficiente), la richiesta di maggiore chiarezza e velocità per ciò che attiene l’introduzione delle fonti rinnovabili, un maggior taglio del cuneo fiscale, oltre a una drastica semplificazione e snellimento dell’iter per l’apertura di un punto di vendita, visto che oggi possono volerci anche più di 5 anni, un arco temporale nel quale il mercato può subire variazioni importanti.
C’è qualche altra criticità che sarebbe opportuno fossa rimossa?
Occorrerebbero risposte definitive sulle richieste di interpretazione del decreto 198/2021 riguardante i contratti di fornitura di prodotti agricoli e alimentari, in particolare per quel che concerne i tempi di pagamento legati alle diverse modalità di consegna, che sta creando tensioni incredibili tra industria e distribuzione.
Quali sensazioni ha rispetto alla Legge di bilancio? Per fare un esempio, riguardo al taglio del cuneo fiscale si ipotizza solo la proroga di quello attualmente in vigore per i redditi fino a 35.000 euro l’anno…
Francamente non ho aspettative fortissime, un po’ per le molte criticità che il Governo deve affrontare, un po’ per la rilevanza data dall’Esecutivo alle vicende internazionali. Detto questo, è ovvio che prima arrivano risposte alle nostre richieste, meglio è. L’importante, ribadisco, è che venga riconosciuto il nostro ruolo, perché il valore aggiunto che diamo al Paese Italia, spesso non viene preso in considerazione.
Qual è il rischio concreto se non si farà nulla?
Che questa onda lunga degli aumenti di listino metta in crisi i punti vendita più deboli, soprattutto quelli in franchising, con la perdita, quindi, di posti di lavoro.
(Lorenzo Torrisi)
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