Il tempo che scorre è sempre stato, nell’esistenza umana, uno dei temi più importanti per ogni generazione. Esso assume il significato più drammatico possibile quando non ha alcun senso, mentre diventa un amico prezioso quando invece è colmo di significato.
Il film d’animazione Cars 3 (2017) prova ad affrontare questa tematica con i toni che gli sono propri: il tempo, inesorabile, continua ad avanzare, trasformando il presente in ricordi e la vita in racconto per la generazione successiva. Sembra drammatico. È qualcosa contro cui Saetta Mc Queen, la macchina da corsa protagonista della trilogia, lotta con tutto se stesso. Il film parla del momento più difficile della sua carriera, quello dove una nuova generazione di giovani macchine da corsa iniziano a gareggiare con lui surclassandolo, grazie alla loro freschezza e alle nuove tecnologie di cui dispongono. In breve tempo il protagonista apparirà come un pezzo da museo, una macchina destinata all’ingloriosa ultima corsa, quell’inevitabile ultima corsa di ogni carriera sportiva che è la linea di separazione tra un prima e un dopo, tra le corse per vincere la gloriosa Piston Cup e il misterioso futuro che Saetta vede avvolto nell’oblio del dimenticatoio e della tristezza. Lotterà con tutto se stesso per riscattarsi, per avere un’ultima occasione e dimostrare che lui non è ancora vecchio e che è ancora in grado di fare la differenza.
Sembra una storia di riscatto, di lotta contro chi lo scredita e cerca di farlo ritirare. Invece è una storia di crescita, di maturità. Perché Saetta diverrà consapevole che «per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo» (Qo 3,1) e che il suo tempo nelle corse, semplicemente, è finito. Ma non è finita la sua vita: scoprirà, contrariamente alle sue convinzioni, che il tempo più bello del suo maestro non è stato quando questi, campione leggendario, correva, ma quando vedeva Saetta sfrecciare in pista. Solo da mentore, infine, aveva trovato la sua felicità, nel compimento del suo discepolo e amico. La sua vita felice non era giunta al temine quando aveva smesso di correre, al contrario era divenuta persino più piena e più compiuta nella realizzazione di un altro. Allo stesso modo Saetta realizzerà che sarà necessario cambiare, obbedendo alle circostanze della vita, assumendo un ruolo nuovo, che non toglierà nulla alla felicità dalla sua vita, anzi la amplierà come a suo tempo era accaduto al suo maestro.
C’è un altro film della Disney, di questi giorni, che tematizza a suo modo il tempo e la crescita, si tratta di Peter Pan & Wendy. Il tentativo di Peter è di cristallizzare in un eterno presente la sua fanciullezza, svincolandola da qualsiasi legame. Peter si rivela essere un bambino che non si accorge di essere prigioniero dell’Isola che non c’è, il luogo dove non si può crescere: l’isola, tanto decantata, lo preclude alla vera vita, che non è l’eterna infanzia che lui vorrebbe, lontano da ogni responsabilità. La sua ossessione per l’eterna giovinezza lo distanzia da tutti, svincolandolo da qualsiasi rapporto con gli adulti, compreso quello con sua madre, che, pur presente nei suoi ricordi, affoga nel suo ennesimo scontro con Capitan Uncino, sempre identico, sempre uguale.
La sua vita, priva di ogni novità, dove tutto accade allo stesso ritmo, sempre lo stesso ritmo, lo chiude: Peter Pan non vive, bloccato dalla paura di crescere. Come tutti. Ma, a differenza di quanto accade nella vita, Peter non affronta il dramma che gli compare davanti, rintanandosi invece in se stesso, smettendo così di vivere davvero. Come non ricordare le parole di Montale: «Un imprevisto è la sola speranza»?
È la chiusura all’imprevisto, al nuovo, al tempo, ciò che impedisce a Peter Pan di maturare, condannandosi a una vita sola, triste e terribilmente infantile.
Non è così che si può crescere ed essere felici, ma solo accettando lo scorrere del tempo, unico modo per aprirsi alla vera avventura della vita.
Cars 3 è un film da guardare e capire nel suo significato più vero, avendo negli occhi anche la falsa e illusoria eterna gioventù di Peter Pan: il tempo è il vero protagonista della storia narrata. È un invito a crescere, sempre. Perché la vocazione di ognuno, anche quella di Saetta Mc Queen, non si realizza in un presente cristallizzato come nel classico Disney. Al contrario si realizza ogni giorno, nel tempo che si vive prima, durante e dopo le corse. Non c’è un tempo migliore di un altro, c’è solo il tempo che è dato a ognuno. E la risposta che ognuno di noi può dare: «Tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato» (Il Signore degli Anelli).
Come non vedere allora, in questa riflessione, il richiamo alla storicità dell’Evento cristiano? È accaduto in un luogo e un periodo preciso della storia, eppure è un Evento che sempre riaccade dentro lo scorrere della storia, sempre nuovo, sempre contemporaneo: «L’avvenimento di Cristo è una realtà viva, una presenza contemporanea» (Preso a servizio, A. Scola). Ed è proprio questa contemporaneità il vero rimedio allo scorrere inesorabile del tempo, per la presenza di Colui che dà senso e significato a tutte le cose (cfr. Ap 21). Persino agli anni che avanzano. Rimanendo contemporaneo.
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