Era molto atteso il primo intervento della neo-Ministra della Giustizia Marta Cartabia in audizione davanti alla Commissione Giustizia in Parlamento e non ha “tradito” l’aspettativa: dopo le prime settimane di parziali conferme delle politiche del precedente Guardasigilli Alfonso Bonafede e dopo l’ancor “pendente” caso Palamara con conseguente riforma del Csm, la titolare di Via Arenula ha di fatto mandato un messaggio molto netto su quale tipo di giustizia intenda proporre durante il proprio Dicastero.



«È opportuna una seria riflessione sul sistema sanzionatorio penale che, assecondando una linea di pensiero che sempre più si sta facendo strada a livello internazionale, ci orienti verso il superamento dell’idea del carcere come unica effettiva risposta al reato»: insomma, basta giustizialismo e teorie secondo cui la presunzione di innocenza resti un arcaico diritto costituzionale. Secondo Cartabia, «la certezza della pena non è la certezza del carcere, che per gli effetti desocializzanti che comporta deve essere invocato quale extrema ratio».



CARTABIA “CANCELLA” IL GIUSTIZIALISMO

Occorre invece valorizzare tutte le alternative possibili al carcere «già quali pene principali», in un’ottica di riconquistato garantismo rispetto alle ultime due “reggenze” Bonafede nei primi due Governi Conte: «Un impegno che intendo assumere è di intraprendere ogni azione utile per restituire effettività alle pene pecuniarie, che in larga parte oggi, quando vengono inflitte, non sono eseguite. In prospettiva di riforma sarà opportuno dedicare una riflessione anche alle misure sospensive e di probation, nonché alle pene sostitutive delle pene detentive brevi, che pure scontano ampi margini di ineffettività, con l’eccezione del lavoro di pubblica utilità», spiga ancora la Ministra. Vanno messi in campo «tutti gli sforzi tesi ad assicurare una più compiuta attuazione della Direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016», in merito al rafforzamento «di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali».



Meno ‘circhi mediatici’ con intercettazioni ad uso stampa e dovuto riserbo nelle indagini: la giustizia di Cartabia assume contorni, quantomeno a parole, nettamente diversi dal “giustizialismo” difeso per anni da M5s e dagli ambienti vicini al “Fatto Quotidiano”. Capitoli finali, non meno importanti, su Csm e riforma prescrizione: nel primo caso, «la soluzione potrebbe essere quella del rinnovo parziale del Consiglio Superiore della Magistratura come già avviene per altri organi costituzionali: ad esempio, ogni due anni potrebbero essere rinnovati la metà dei laici e la metà dei togati»; sulla legge che tanto ha diviso il precedente Governo invece, Cartabia conclude «Un processo dalla durata ragionevole risolverebbe il nodo della prescrizione, relegandola a evento eccezionale».