NEW YORK – “Washington doesn’t work”, Washington non funziona. È una frase che si sente spesso negli Stati Uniti quando si parla di politica. La popolarità del presidente Joe Biden è bassa e la credibilità del Congresso è peggio. Non c’è nulla di originale in questa messa in discussione della legittimità della cosa pubblica, possiamo rispondere. Tuttavia, è proprio una peculiarità americana quella che si sta esprimendo oggi e che sta mettendo in serio pericolo l’idea stessa di democrazia con il fatto che la minoranza può prevalere sulla maggioranza e portare il Paese a riforme prima impensabili.
Infatti, mentre la maggioranza degli americani è favorevole a una migliore regolamentazione dell’accesso alle armi e al mantenimento del diritto costituzionale delle donne ad abortire, la Corte Suprema si pronuncerà su queste due questioni nelle prossime settimane, e potrebbe trascinare gli Stati Uniti in una spirale regressiva.
Il sistema istituzionale non funziona più, molti americani lo dichiarano. La non rappresentatività della popolazione al Congresso dovuta all’identico numero di senatori (2) indipendentemente dalla dimensione dello Stato che rappresentano (ricordiamo che è così che Donald Trump ha raggiunto la Casa Bianca nel 2016, quando non aveva ottenuto il voto popolare) e la tecnica dell’ostruzionismo, il “filibustering”, che obbliga un partito ad avere una larga maggioranza sull’altro (60 su 100) – cosa che non accade quasi mai – impediscono di fare grandi riforme.
Se a questo si aggiunge una Corte Suprema, il più alto organo giudiziario del Paese, con una maggioranza molto conservatrice dopo le nomine di Trump, abbiamo che ci sono nove giudici che possono cambiare la vita quotidiana degli americani. La giornalista Rani Molla ha recentemente scritto: “Purtroppo, ciò che molti americani vogliono non si riflette nella legge americana. La capacità della minoranza in piccole comunità, per lo più rurali e per lo più bianche, di prevalere sulla maggioranza ha vaste implicazioni sul modo in cui viviamo e moriamo. L’ostruzionismo al Senato mina la democrazia e, di conseguenza, la legittimità del governo americano”.
Dopo il massacro di Uvalde è stato spesso scritto che negli Stati Uniti non cambia nulla nonostante le tragedie. Ma le cose stanno cambiando da decenni. Sono addirittura peggiorate. A livello legislativo, molti Stati hanno allentato le regole sull’accesso alle armi. Se prendiamo il solo caso del Texas, purtroppo famoso nelle ultime settimane, dal 2015 è possibile portare un’arma in un campus universitario e dall’anno scorso non è più necessario avere una licenza per acquistarne una. Per quanto riguarda la legislazione federale, sta stagnando su questo tema, se non regredendo. Sebbene la Corte Suprema non si sia occupata della questione per quasi 10 anni, dovrà pronunciarsi sul porto d’armi nei luoghi pubblici entro la fine di giugno. Lo Stato di New York (di cui fa parte la città di New York) è stato attaccato perché non lo consente.
Va ricordato che dalla decisione della Corte Suprema del 2008, gli americani possono tenere una pistola in casa per autodifesa. Convalidando la denuncia contro lo Stato di New York, la Corte Suprema indebolirebbe notevolmente il desiderio espresso da una parte dell’opinione pubblica americana per una maggiore regolamentazione.
Lo stesso vale per la contestazione del diritto costituzionale all’aborto che, se vietato, renderebbe gli Stati Uniti uno dei pochi Paesi al mondo, se non l’unico, a revocare al di fuori di un cambio di regime un diritto acquisito.
Le cose stanno cambiando, mettendo le due Americhe, ricca e povera, urbana e rurale, bianca e delle minoranze, una di fronte all’altra. La radicalizzazione delle minoranze politiche agli estremi di entrambi i partiti sembra provocare un’ondata nel Paese che polarizza, da un lato, una popolazione molto conservatrice, molto religiosa, molto militante, molto organizzata che si nutre dei temi della “Grande Sostituzione” e della “Supremazia bianca” nella linea di Donald Trump e, dall’altro, l’ala sinistra progressista del Partito Democratico, il movimento Black Lives Matter in particolare, o i sostenitori della “Teoria critica della razza”, che difendono l’idea che la nazione americana si è costruita sulla schiavitù e sulla segregazione e che questo ha lasciato un segno nella società, un razzismo latente che deve essere combattuto. I dibattiti sociali diventano politici e portano il Paese al blocco.
Di fronte all’impotenza di Joe Biden davanti alle telecamere, ripenso a un articolo di Jacques Attali, pubblicato nel 2018, in cui scriveva di fronte alle devastazioni della droga e delle armi in particolare: “Perché l’amministrazione americana continua a non reagire? Perché farlo significherebbe mettere in discussione interessi considerevoli che strutturano il sistema politico ed economico degli Stati Uniti. Le industrie dello zucchero, della droga e delle armi sono tra le più potenti del Paese. Corrompono i politici con le donazioni e le menti dei cittadini con le campagne pubblicitarie”.
In una società individualista, tutto ciò che viene percepito come una violazione del proprio benessere e dei propri diritti viene vissuto in modo violento. Divisioni interne, rivalità comunitarie, disparità sociali e scissioni culturali rischiano oggi di far crollare il paese dal di dentro. Impediscono sicuramente all’America di sognare un futuro comune.
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