NEW YORK – Alla vigilia della pausa estiva, il morale non è alto. Un pessimismo latente, come evocato dal New York Times, ha invaso il Paese che appare più diviso che mai. La stessa confusione esiste alla guida dei due maggiori partiti. Mentre Joe Biden non sembra essere il favorito del Partito democratico per la rielezione, anche Donald Trump, che non ha ancora dichiarato ufficialmente la sua candidatura, sembra essere in difficoltà nel Partito repubblicano nonostante l’influenza che sembra ancora avere.
Una nuova generazione di dirigenti del Gop (Grand Old Party, altro nome dei repubblicani) sembra fare presa su un elettorato repubblicano più popolare, bianco e conservatore rispetto al 2016. Ma chi sono questi cavalieri trumpiani che potrebbero, in questo anno elettorale statunitense, non solo parlamentare di midterm ma anche locale per alcuni Stati, diventare concorrenti del loro maestro spirituale e quindi seppellire per sempre l’eredità reaganiana del loro partito? Ve ne presento due la cui popolarità negli Stati Uniti continua a crescere: Ron De Santis e Elise Stefanik.
In cima a questa selezione, Ron De Santis, governatore della Florida dal 2019 che si è fatto conoscere durante la crisi del Covid. 43 anni, cattolico, sposato e padre di tre figli, si candida quest’anno alla sua rielezione, per la quale ha già raccolto cento milioni di dollari. La vera domanda, che non è più un segreto, è se i suoi fondi saranno utilizzati solo per la sua campagna in Florida o per le primarie repubblicane per le prossime elezioni presidenziali.
Questo lo metterebbe sulla strada del suo mentore e primo sostenitore da sempre Donald Trump. Laureato nelle migliori università americane (Yale e Harvard) e militare per un periodo, è stato membro del Tea Party, il movimento più radicale del Partito repubblicano. Favorevole ad una politica di immigrazione più severa, poco interessato, per sua stessa ammissione, alla tutela dell’ambiente e all’epoca contrario all’Obamacare, si è distinto durante la pandemia per le sue dichiarazioni contro l’uso delle mascherine e per la sua decisione di rendere illegale il pass vaccinale.
La sua crociata culturale in Florida, in particolare contro il gigante locale Walt Disney, che De Santis considera troppo inclusivo e sensibile alle tematiche Lgbt, gli ha dato visibilità mediatica facendogli sfruttare il suo talento naturale di show man e il suo lato di “genero ideale”. Approvando due leggi, una che vieta di discutere di omosessualità nelle scuole o nelle aziende e l’altra che impedisce qualsiasi dibattito sul razzismo o sull’antirazzismo per evitare di “insegnare ai nostri figli a odiare il loro Paese”, si è posizionato molto a destra del partito, certamente nell’ambito di una strategia elettorale di differenziazione.
Un’altra figura del partito con il vento in poppa è Elise Stefanik. Eletta dallo Stato di New York, numero tre dei repubblicani alla Camera dei rappresentanti, potrebbe essere non solo candidata alla presidenza della Camera se il Gop riprende il potere a novembre, ma anche candidata alla vicepresidenza nel 2024 se Donald Trump si ricandida. Laureata anche lei ad Harvard, ha lavorato alla Casa Bianca durante il mandato di George W. Bush dal 2006 al 2009 e, a soli 30 anni, è stata la più giovane donna eletta al Congresso. Moderata all’interno del partito all’inizio della sua carriera politica, è diventata ben presto una convinta sostenitrice di Donald Trump, per il quale ora ha il “pieno e completo sostegno” secondo le parole dell’ex presidente, che ha recentemente dichiarato: “di questo passo, sarà presidente tra circa sei anni”. L’allieva si avvia a superare il maestro, tanto che le sue ultime dichiarazioni, in pubblico o sui social network, riecheggiano la retorica insurrezionale e polemica dell’ex inquilino della Casa Bianca: big lie, teoria della grande sostituzione, anti-immigrazione, pro armi. Come Ron De Santis, Stefanik gioca la partita del populismo e dell’antisistema per consolidare la sua carriera politica. Oggi all’ombra di Donald Trump, ma per quanto tempo ancora?
La politica è spesso una questione di opportunità. L’ondata repubblicana che sembra attraversare gli Stati Uniti racconta anche storie di opportunismo e di “fini che giustificano i mezzi”. Quando la società civile e la società politica sembrano condividere solo verità contro menzogne, la mancanza di ispirazione dell’una rispetto all’altra può portare a uno scontro frontale in cui ci sarà un solo grande perdente: il popolo stesso.
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