NEW YORK – Continua la telenovela politico-giudiziaria per Donald Trump. Convocato dal procuratore democratico di Manhattan, Alvin Bragg, l’ex presidente si è dichiarato non colpevole delle 34 accuse a suo carico. In sostanza 34 falsificazioni dei conti della campagna elettorale prima delle elezioni presidenziali del 2016, al fine di nascondere pagamenti e coprire affari imbarazzanti per la sua candidatura. Anche se le prove esistono, secondo molti analisti, il caso condotto da Alvin Bragg rimane fragile. Il processo, se avrà luogo, potrebbe svolgersi nel gennaio del 2024.
Questo caso, ed è qui che le cose si complicano per Trump, è uno dei tanti, sia a livello locale che federale. In un altro Stato, la Georgia, il procuratore sta indagando sulle comprovate pressioni esercitate dall’ex presidente nel gennaio 2021 su funzionari repubblicani eletti per “trovare 11.780 voti” a suo favore al fine di ribaltare i risultati elettorali a lui sfavorevoli.
Anche in questo caso, prima che ci sia un processo e un’incriminazione, passerà del tempo e gli avvocati del tycoon stanno lavorando per far durare questi casi e permettere che il processo elettorale, in questo caso le primarie dei partiti prima delle elezioni presidenziali, si svolga e permetta a Trump di essere eletto nuovamente candidato del partito repubblicano.
Mentre a livello di giustizia locale le incriminazioni non potrebbero avere conseguenze su un’eventuale ineleggibilità di Donald Trump (le primarie di partito sono una questione privata dei partiti), i casi federali in corso sono più problematici. Mentre il procuratore generale Merrick Garland è ancora molto cauto nell’andare a processo, il procuratore speciale da lui nominato, Jack Smith, sta indagando sull’assalto al Capitol presumibilmente incoraggiato da Donald Trump. Le accuse sono di “incitamento all’insurrezione e alla ribellione”, le uniche due fattispecie previste dalla Costituzione degli Stati Uniti per dichiarare ineleggibile la persona condannata. Il lavoro di Jack Smith è complesso e ancora segreto. Sta anche indagando sui file classificati che Donald Trump si è rifiutato di consegnare alla fine del suo mandato. Jack Smith dovrà riferire i suoi risultati a Merrick Garland che deciderà se incriminare o meno Trump.
Una vera e propria “saga giudiziaria” intorno all’ex presidente in cui le specificità del sistema americano, con livelli locali e federali sovrapposti e giudici e procuratori eletti dai partiti politici, permettono agli incriminati di continuare a pretendere alle più alte cariche dello Stato e quindi di mantenere le fratture e le frustrazioni all’interno della popolazione.
Sulla scalinata del tribunale di Manhattan, una folla di irriducibili sostenitori di Donald Trump ha atteso l’arrivo del loro campione, “il prescelto”, come lo chiamano, denunciando con virulenza la “caccia alle streghe” condotta dai democratici contro il loro candidato, che sperano di rivedere alla Casa Bianca nel 2025.
La verità sembra più a metà. Donald Trump e Joe Biden sembrano oggi i candidati naturali dei loro partiti, in realtà sono penalizzati da rilevanti svantaggi che potrebbero pregiudicarne il successo. Trump ha i voti dei bianchi maschi ma non riesce a convincere le donne e le minoranze che hanno votato per lui la prima volta. Lo steso si dica per i conservatori di orientamento moderato. Biden è vecchio, incerto e malvisto da parti importanti del suo stesso partito. Lo stesso vale per Trump. Di conseguenza sono entrambi candidati ingombranti, liberarsi dei quali risulta difficile per entrambi i partiti. Spesso gli elettori indipendenti sono imprevedibili e potrebbero fare la differenza. Se non si stancheranno prima.
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