In tutto quello che sta accadendo in queste Elezioni Usa 20’24, l’America si conferma come la massima espressione della società dello spettacolo.

Sempre più persone raziocinanti si dimostrano convinte che al governo del mondo ci siano i leader dello Stato Profondo, che maneggiano come tanti burattini i rappresentanti dei vari Governi gestendo l’economia. Questa tesi è sempre stata bocciata come complottista, ma ciò che sta avvenendo sotto i nostri occhi con la sempre rimandata decisione da parte di Biden di abbandonare la campagna elettorale, improvvisamente comunicata in forma del tutto anomala, fa pensare che non lo sia affatto.



Con due taglienti domande postate su X è intervenuta assai lucidamente la giornalista Raffaella Regoli: “Se improvvisamente Biden viene giudicato inabile a portare avanti la campagna elettorale, visto che la sua patologia non è di tipo acuto ma si è aggravata con il tempo, chi ha governato realmente l’America fino ad oggi? E un candidato che si ritira per motivi di salute legati ad una incipiente demenza senile, come può continuare a governare l’America come Presidente?”.



Domande sinora senza alcuna risposta.

In diversi hanno fatto notare l’irritualità formale dell’annuncio di Biden (nessuna conferenza stampa, nessun discorso) mentre c’è chi arriva addirittura a ipotizzare che la firma sulla lettera sia falsa e lui sia segregato sotto sedativi.

Non sembra uno dei tanti film che abbiamo visto su tentativi di colpi di Stato?

Che non siamo in un film ce lo ricorda uno degli analisti politici più raffinati da sempre vicino al mondo progressista, che pochi giorni fa si è dichiarato scandalizzato per il fatto che la stampa e le tv mainstream abbiano sostenuto per tanto tempo la tesi della perfetta salute di Biden a dispetto di una realtà oggi evidente – e improvvisamente – a tutti. “New York Times e CNN hanno perso la loro credibilità” ha affermato Federico Rampini.



La stessa credibilità persa dalla vice-presidente Kamala Harris, che ha avuto come unica delega quella dell’immigrazione e ora il Texas e altri Stati sono pieni di immigrati illegali.

Con la Harris siamo in pieno nella società dell’immagine: si elegge una donna che ha sangue ispanico, indiano e asiatico ritenendo che sia capace solo per questo di gestire il problema dell’immigrazione.

Siccome la memoria del web è difficile da cancellare, basta fare un giro in rete per scoprire le modalità con cui ha fatto carriera.

Inoltre, per capire l’assoluta modestia del personaggio, è sufficiente guardare le clip dei suoi discorsi e delle sue apparizioni tv, la cui cifra è quella di un’ignoranza imbarazzante condita sempre da sgangherate risate.

Ma il fatto più grave lo ha ricordato Robert Kennedy jr. pochi giorni fa. Quando era Attorney General, la Harris aveva praticamente destinato ai lavori forzati 5.000 condannati per piccoli reati. La rappresentante dei neri che faceva la negriera. Dato che la voce è corsa veloce, è proprio la comunità nera che oggi non la sopporta.

Tant’è, adesso si parla dell’affannosa ricerca di un vice di peso da affiancarle, ma i retroscena raccontano di un fuggi-fuggi di democratici autorevoli che non se la sentono di impegnarsi in una campagna elettorale che viene data per persa.

È utile sapere che la scelta è caduta su di lei in quanto le donazioni per la campagna elettorale vanno considerate ad personam al ticket Biden/Harris, e quindi non trasferibili ad altri. Intanto i repubblicani hanno assoldato uno stuolo di avvocati per dimostrare che invece in assenza di Biden quei fondi Kamala non li potrebbe toccare.

Bisognerà attendere il 19 agosto, data della Convention democratica per capire se lei sarà l’avversario di Trump, e insieme a chi.

Intanto prepariamoci. I colpi di scena, o meglio i coup de theatre, saranno all’ordine del giorno.

 

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