La scelta della Lega di non partecipare al Consiglio dei ministri che ha dato il via libera al Disegno di legge delega sulla riforma fiscale viene criticata dagli altri partiti della maggioranza. Dal Pd arrivano i messaggi più duri. Letta, Orlando e Serracchiani parlano di comportamento “grave”, “incomprensibile” e “irresponsabile”. Secondo Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, però, il Carroccio ha ragione: “Credo che, sia pure in modo pasticciato, la Lega abbia capito, a differenza di Brunetta e dei tecnici di Forza Italia, che questa riforma contiene dei punti poco chiari, come quelli relativi all’imposta sul reddito da capitale o sull’Irap. In generale mi sembra sia sta scritta da qualcuno non si intende della materia tributaria. E c’è una questione di metodo che non mi pare irrilevante”.



A che cosa si riferisce?

Per la mia esperienza posso dire che fare una riforma fiscale generale e complessiva è molto complicato. Lo stesso Vanoni sapeva bene che era meglio procedere un pezzo per volta, perché il sistema tributario è una struttura gestita da moltissime persone e le funzioni più importanti sono l’accertamento e la riscossione. È necessario quindi implementare e spiegare bene ai funzionari le nuove norme. È chiaro che questo compito è più difficile se si procede con un ridisegno complessivo. Ma a parte questo, il vero punto critico del Ddl delega che credo abbia spinto la Lega ad alzarsi dal tavolo è un altro.



Quello relativo alla revisione del catasto?

Esattamente. Nel testo approvato dal Cdm di fatto ci si inventa il catasto patrimoniale, che non può esistere, in quanto il patrimonio, a differenza del reddito, non ha un valore di mercato concreto e certo. Da un contratto di affitto si può ricavare il reddito, mentre il patrimonio potrebbe avere un vero valore se periodicamente fosse messo in vendita, altrimenti ci si deve affidare a un valore di mercato ipotetico basato su stime che tra l’altro potrebbero risentire di particolari contingenze: per esempio, un rialzo eccessivo dell’inflazione che spinge le persone a tutelare i risparmi investendo nel mattone.



È stato sollevato il timore che la riforma del catasto, mediante l’introduzione di questo valore patrimoniale, possa portare a un aumento della tassazione sulla casa. Nel testo del Ddl delega si legge però che la base imponibile dei tributi resta fondata sulle risultanze catastali.

Il comma cui fa riferimento non è purtroppo chiarissimo, perché tre commi prima si parla di introdurre per ogni unità immobiliare una “rendita attualizzata in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato”. Pertanto se si utilizzasse questa rendita attualizzata l’aumento della base imponibile ci sarebbe.

Draghi ha però detto che nessuno pagherà di più o di meno.

Anche chi ha un immobile non censito non pagherà di più? Mi sembra difficile. Credo che Draghi avrebbe dovuto imporre un metodo diverso: prima fare un censimento di tutti gli immobili, così da far emergere anche quelli non registrati; solo dopo cominciare a ragionare sulla riforma del catasto. Perché invece si vogliono fare le due cose insieme? Non ha molto senso.

In buona sostanza questo Ddl delega non è, com’è stato detto, una semplice “scatola” che solo dopo va riempita con provvedimenti concreti.

Se le linee guida sono sbagliate, le azioni che seguono rischiano di non essere corrette. E un metodo di tassazione sbagliato, o solo il timore che possa essere introdotto, rischia di bloccare il mercato immobiliare e di penalizzare le famiglie.

La Lega ha quindi fatto bene a porre il problema?

Certo. Hanno probabilmente intravisto il rischio che si creino grossi problemi, non è detto che necessariamente sappiano come poter evitare che si generino, ma comunque è stato un bene che abbiano posto la questione. Io credo che prima di aggiornare il catasto, occorra farlo, perché nella gran parte dei casi adesso il catasto ha dei coefficienti basati su rilevazioni fittizie oppure non contiene alcuni immobili o non ha le mappe degli stessi aggiornati in base a lavori di ampliamento che sono stati compiuti nel tempo.

Politicamente quali conseguenze avrà secondo lei questa vicenda?

Se fosse emersa con maggiore chiarezza o fosse stata affrontata durante la campagna elettorale delle amministrative penso che sarebbe stata un’arma importante per la Lega. Credo che ora si creerà un problema per Draghi e per la componente a sinistra della sua maggioranza. Salvini, dopo gli errori commessi in queste settimane, ha in mano una carta importante e vincente: quella della patrimoniale e della casa. A me sembra che Draghi, non essendo esperto del tema, non l’abbia compreso. Resta da capire cosa vorrà fare Forza Italia.

Secondo lei, dopo il risultato delle amministrative il Governo è più forte di prima?

Non ho visto uscire dalle urne un partito realmente rafforzato. E soprattutto noto uno spappolamento sia a destra che a sinistra. Questo allontana l’ipotesi di Draghi al Quirinale e di successive elezioni anticipate, perché molti parlamentari a questo punto vorranno poter arrivare a fine legislatura. Il premier, però, dovrà fare i conti con litigi ancora più forti di prima nella maggioranza. Ormai ha vinto la battaglia sui vaccini, ma dopo un po’ questo risultato “sbiadirà”. La situazione appare quindi molto confusa. Per il momento ci tiene in piedi la crescita del Pil, che però non ha basi solide.

(Lorenzo Torrisi)

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