IL BANDO DEL COMUNE DI BOLOGNA SULLE CASE POPOLARI SORPRENDE: TRA I REQUISITI L’ESSERE “ATTIVISTI SOCIALI O AMBIENTALI”
Sorprende e non poco quanto si legge nell’ultimo bando del Comune di Bologna presentato lo scorso 28 gennaio presso la Casa di Quartiere Katia Bertasi: l’amministrazione Lepore prevede infatti che per poter aderire al progetto di cohousing “Piano per l’Abitare” destinato nel complesso di Via Fioravanti 24 a Bologna serve essere “attivisti sociali o ambientali”. In pratica, per poter entrare nelle case popolari messe a disposizione dal Comune a guida Matteo Lepore (Pd) occorre avere una predisposizione ed “affinità” per l’attivismo green o in generale per i diritti sociali tout court.
Si badi bene, non è una “forzatura” o un’ideologica presa di posizione contro il Comune che negli ultimi mesi è già salito all’onore delle cronache per diverse controverse decisioni: dal piano velocità max 30km/h in città, alla presenza della vicesindaca Emily Clancy tra gli antagonisti in piazza contro le Forze dell’Ordine, fino alla propaganda a favore delle occupazioni contro le agenzie immobiliari. In questo caso è scritto decisamente nero su bianco che per accedere a questo ultimo progetto di cohousing serve essere degli attivisti del clima: nel bando per alloggi a circa 500 euro al mese, le case popolari ad energia quasi zero necessitano di avere tra i requisiti «esperienze di volontariato/attivismo in campo ambientale o sociale». Non solo, è possibile accedere alla fase di assegnazione anche chi ha avuto esperienze lavorative su green o politiche sociali, così come «esperienze pregresse in condomini solidali o cohousing».
IL “TEST” DI AFFINITÀ, LA COMMISSIONE E LA CASA POPOLARE SOLO SE “IDEOLOGICA”
Tra chi può fare domanda come nuclei familiari o singoli – oltre alle consuete modalità tra ISEE basso, permesso di soggiorno attivo, impiego o studio in città – il progetto di cohousing richiede necessariamente chi è «affine» alle politiche green ambientali, o comunque all’attivismo sociale che a Bologna, storicamente, si manifesta nel centri sociali orientati politicamente a sinistra.
Chi presenta istanza di domanda al Comune di Bologna verrà selezionato, dopo aver verificato queste “affinità”, in primi 21 nuclei potenziali: saranno poi coinvolti in un percorso di formazione che si chiuderà a luglio 2025, quando poi la Commissione comunale selezionerà i 10 nuclei familiari finali che potranno entrare nelle nuove case popolari. Ora, al netto della bontà di un progetto che riesce a dare a prezzi bassi case dignitose in maniera regolare (senza dunque l’odiosa occupazione), resta – lo ammettiamo – l’amarezza nel constatare come si possa rendere “ideologico” un progetto di suo lodevole. È vero che quel nucleo di cohousing è prodotto ad energia quasi zero e rispetta le normative UE sul green, ma da qui a selezionare un’affinità speciale dei futuri residenti per l’attivismo manifestato nella stessa corrente politica che siede in Comune col sindaco Lepore, ecco sembra quantomeno controverso.
Non solo, nel bando completo a disposizione sul sito della città di Bologna, viene ulteriormente specificato che al termine delle istanze viene realizzata una «valutazione complessiva per la rispondenza al Profilo di Comunità» derivante da un «Questionario conoscitivo» proprio sui requisiti richiesti: da 0 a 6 punti sulle esperienze di volontariato o attivismo sociale, da 0 a 6 punti per attivismo ambientale e così via. Ogni Comune ha diritto di lanciare bandi in base anche alle proprie ideologie sociali e politiche, ma da qui ad un progetto pubblico di case popolari con il “patentino” del “buon attivista green”, ecco ci sembra oggettivamente un azzardo…