Nel dibattito sull’imminente sospensione del cashback c’è spazio per infinite congetture sull’uso più o meno opportuno delle risorse allocate. Ognuno può opporre un uso alternativo dei fondi destinati al programma “migliore”: più ristori, più infrastrutture, meno tasse, ecc.: è un dibattito infinito che svicola dal cuore della questione. La questione è l’incentivo all’uso delle transazioni elettroniche e il disincentivo del contante che “costa” e che permette l’evasione fiscale. 



Il secondo punto non convince sia perché l’evasione fiscale vera è fatta alla luce del sole da multinazionali quotate che capitalizzano centinaia di miliardi, sia perché gli incentivi fiscali ormai hanno definitivamente cancellato il contante sulle transazioni più ingenti. Rimane uno spazio di piccola evasione, in alcune regioni ormai spiazzata senza costrizioni dalle transazioni elettroniche, che oggi colpisce categorie al limite della sopravvivenza. L’infrastruttura che permette le transazioni elettroniche oltretutto ha un costo che per i piccoli esercenti è una spesa importante. 



L’eliminazione del contante o il suo disincentivo ha degli svantaggi riconosciuti. E su questo versante ci facciamo aiutare dal discorso fatto appena due settimane fa dal membro esecutivo della Bce Fabio Panetta, che si è chiesto se il contante ha un futuro nell’economia digitale e la risposta è stata convinta e affermativa. Panetta ha dichiarato infatti che il contante continuerà a essere disponibile e accettato per i pagamenti per molto tempo.

Il contante ha caratteristiche uniche tra le forme di pagamento. Per esempio, è l’unico mezzo che garantisce l’inclusione finanziaria per i ceti meno abbienti dato che è senza costi e non richiede intermediari. Ha un’altra funzione, ci ricorda ancora Panetta, è un aiuto all’educazione finanziaria. L’economista quindi conclude che l’evidenza suggerisce che senza il contante sia i consumatori che i commercianti, soprattutto quelli meno abbienti, starebbero significativamente peggio. Aggiungiamo noi che il contante è al riparo da qualsiasi blackout o da qualsiasi mancanza di segnale. La conclusione, traduciamo letteralmente dall’articolo relativo al discorso pubblicato sul sito della Bce, è che “i costi privati di restringere l’uso del contante sembrano essere molto più grandi dei benefici sociali di limitare le attività illegali legate al contante”.



Questa è la posizione della Bce che ci impone di guardare al problema del cashback in termini diversi da quelli del dibattito di questi giorni. Ci dobbiamo chiedere se i benefici del programma siano più grandi dei costi che le limitazioni al contante si portano dietro sia per i commercianti onesti, sia per i consumatori, sia per le categorie finanziariamente più deboli. Sono costi di cui si parla molto poco o molto meno dei benefici incassati spesso da categorie che non avrebbero bisogno di aiuti.

Questi costi sono invece molto popolari in Europa e negli Stati frugali. Non vale l’obiezione che nei Paesi “seri” non c’è l’evasione; è infinitamente più facile usare la carta di credito a Milano, per certe spese, che in tante altre capitali europee e l’uso della carta di credito è molto più basso che in Italia, per esempio, in Germania. Hanno ragione loro e di certo non perché certe categorie evadano più di noi.

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