Per noi lombardi “I promessi sposi”, con i relativi insegnamenti manzoniani, sono parte del nostro essere prima ancora che lettura scolastica obbligatoria. Per questo le questioni di giustizia sono affari da azzeccagarbugli e manteniamo una sana diffidenza sulla giustizia terrena. Deve essere per questo retroterra culturale che diffidiamo sommamente di chi si presenta come avvocato del popolo pretendendo di rappresentare tutti i nostri bisogni e i nostri desideri. Disposti ad ascoltare chiediamo poi conto per verificare i risultati delle decisioni prese in nostro nome.
A quasi un anno dall’entrata in vigore della normativa decisa dal Governo Conte-2 per sostenere forme innovative e tracciabili di pagamento, una riflessione costi-benefici credo sia indispensabile. L’Italia è 24ma in Europa per l’uso di forme di pagamento elettronico. Basterebbe questo dato per dire che bisogna fare qualcosa per diminuire il ricorso al contante e mettere in atto sistemi di rilevazione dei flussi finanziari così da avere un sistema che riduca le forme di evasione ed elusione fiscale.
Come appare evidente dagli obiettivi dichiarati, i pagamenti elettronici, che pure sono un fatto di modernizzazione in sé, sono strumentali per supportare un cambiamento del sistema fiscale più generale. Le misure introdotte dal Governo Conte-2 si sono ispirate all’esperienza fatta in Portogallo pochi anni fa. L’introduzione di meccanismi premiali per chi fa ricorso a sistemi di pagamento elettronici ha portato a una crescita notevole della diffusione e dell’uso delle carte di credito.
Da qui l’esempio cui si è ispirato il Governo con l’introduzione di due interventi, il cashback e la lotteria legata agli scontrini pagati con le carte. Le misure prese hanno ovviamente un costo. Per la copertura delle previsioni di spesa sono stati stanziati oltre tre miliardi di euro.
La misura del cashback “natalizio” ha coinvolto il 9% della popolazione e solo 3,2 milioni di utenti (7%) ha operato più di 10 transazioni nel periodo considerato. Solo il 25% delle transazioni superava i 50 euro. Se il tema fosse stato solo quello di aumentare l’uso dei pagamenti elettronici per le piccole spese, il risultato può essere soddisfacente. Certo ininfluente per le transazioni oggetto di evasione. I rimborsi hanno portato un costo di 222 milioni di euro.
A limitare l’effetto della misura del cashback ha pesato la complicazione della registrazione che richiedeva lo Spid, cifra di riconoscimento ancora poco diffusa, e la disponibilità di telefonini di nuova generazione. Si può dire in sintesi che la campagna di Natale ha premiato chi già usava sistemi di pagamento elettronici senza aggiungere nulla a quanto già avrebbero fatto.
Nella nuova campagna iniziata con il nuovo anno, lotteria degli scontrini e cashback con super bonus a estrazione, si è aggiunto un nuovo problema. I sistemi di pagamento in uso presso gli esercenti richiedono un adeguamento con una spesa da sopportare. Basta passare in tre negozi, talvolta anche di grandi catene, per rilevare come l’adeguamento dei sistemi sia scarsamente diffuso. L’adesione è passata dal 9% al 16%, ma poi le transazioni registrate e valide, almeno per i dati dei primi due mesi, sono riferibili a una quota molto minore del numero degli aderenti.
Cercando di tirare le somme possiamo dire che gli stimoli dovuti alla introduzione delle premialità hanno inciso molto poco sulla diffusione dell’uso di strumenti di moneta elettronica. Hanno diffuso maggiormente l’uso per le piccole spese, ma sempre fra una popolazione che già utilizzava questi strumenti.
L’obiettivo era però quello di innescare un percorso virtuoso, pagamenti tracciabili per fare emergere redditi, quindi un aumento delle entrate fiscali per allargamento della platea e diminuzione della tassazione per chi già era in regola. La spesa sopportata, sicuramente ingente, diventava più che giustificata dato l’aumento delle entrate che sarebbero derivate dal sistema fiscale. Quando i populisti cercano di fare cose serie fanno pasticci. D’altro canto non ci si può aspettare altro da chi teorizza che le competenze non servono. Come abbiamo visto, i risultati attesi non ci sono, mentre i costi da sopportare sono ingenti.
A tutto ciò si aggiunga che si è deciso di fare questa sperimentazione nel pieno della pandemia, con un calo dei consumi in corso e con spese per sostenere i redditi da lavoro che comportano un continuo aumento dell’indebitamento pubblico.
Al fallimento delle scelte populiste ci sentiamo allora di rispondere con una richiesta popolare, tagliare subito le spese per la lotteria e destinare i 3 miliardi a misure di sostegno al reddito di chi ha pagato di più durante la crisi indotta dalla pandemia. Servano a finanziare la cassa integrazione e linee di credito per rilanciare il sistema di micro e piccole imprese. Misure che serviranno certamente di più a rafforzare il nostro sistema economico.
L’impegnò a rendere più diffuso l’uso della moneta elettronica non deve certo essere dimenticato. È però indispensabile che sia abbinato a una riforma fiscale che renda tutti partecipi degli obiettivi perseguiti. Non una misura contro qualche categoria economica, ma un nuovo sistema che permetta di scaricare le spese che oggi alimentano una economia parallela e permetta di rendere trasparente, ma anche meno pesante, il sistema fiscale complessivo.
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