L’elemosina che il Governo italiano si è inventata con il cashback per coloro che già facevano pagamenti elettronici, ma che si stanno avvicinando alla soglia di povertà, ha dato alla Bce l’occasione di richiamare all’ordine il “gallo ringalluzzito” del nostro esecutivo rammentandogli chi sia l’effettivo “padrone”.
Questa appare l’interpretazione più ragionevole della stampa (libera o condizionata) al richiamo fatto all’Italia contenuto nella lettera dell’Istituto centrale in merito al ruolo del contante nell’economia europea: il nostro Paese deve dimostrare la capacità decisiva del cashback nella lotta all’evasione fiscale e, soprattutto, il perché nella lettera stessa si afferma che la Bce ritiene che l’introduzione di un programma cashback per strumenti di pagamento elettronici sia sproporzionata alla luce del potenziale effetto negativo che tale meccanismo potrebbe avere sul sistema di pagamento in contanti. In altre parole, la Bce sottende che il governo italiano avrebbe scalato l’Everest per consentire a un elefante di partorire un topolino. Come non darle ragione?
La Banca d’Italia, che aveva realizzato un’applicazione elettronica per usare un euro legale virtuale, è tornata a insistere sul progetto, nonostante possa creare, parallelamente, la più grossa falla al sistema dei pagamenti quotidiani in caso di black-out, di carenza di collegamenti, di impossibilità di pagare i costi dei collegamenti elettronici e così via: chi potrebbe tenere da parte le banconote solo per casi del genere? Non certo le persone meno abbienti.
Eppure, non contenta del rinvio europeo, è riuscita ad avere il supporto di un’altra banca centrale, sembrerebbe la Banca di Francia, per avviare le emissioni alternative alle banconote, inducendo, anzi obbligando, la Bce a fare un sondaggio, sul suo sito, sull’opportunità di tale iniziativa: uno dei suoi soliti sondaggi, astratti, che l’hanno quasi sempre portata a prendere decisioni ovviamente sbagliate.
E’ notorio che non è il contante il mezzo usato per l’evasione dai tributi, quanto la necessità di superare la disciplina farraginosa delle leggi fiscali, incentrata sulla mancanza assoluta di trasparenza, nel tassare tutto e il contrario di tutto (ad esempio, le luci riflesse delle insegne al neon dei negozi), in modo che nessuno possa stabilire che il livello di tassazione italiano sia il più alto del mondo, atteso che ci sono anche costi nascosti che non comportano un formale esborso tributario. In ogni caso lo stesso “cespite” non viene mai tassato una volta soltanto, ma una miriade incontrollata di volte.
Già ho scritto che favorire i pagamenti elettronici significa scaricare i costi degli stessi sui prezzi finali, pur consentendo di ottenere ingenti introiti fiscali e, poiché il cashback è sottoposto a un importo massimo di rimborso semestrale di appena 150 euro, all’elemosina elargita corrisponde un incremento surrettizio di Iva nettamente superiore, in funzione del quale, il beneficio ricevuto verrà subito neutralizzato, mentre coloro che non ne traggono beneficio vedranno diminuire le loro capacità di acquisto. Tutto ciò mi ricorda l’introduzione dell’obbligo di assicurazione RcAuto, con la promessa che, pagando tutti, i premi assicurativi si sarebbero contratti; dall’anno successivo ci fu un’incessante salita delle tariffe.
Lo ripeto: non bisogna dimenticare che aumentando le transazioni elettroniche di pagamento, crescono le commissioni incassate dagli intermediari e, di conseguenza, l’Iva sulle commissioni. In più chi riceve i pagamenti elettronici paga tutto: commissioni, Iva, costi operativi sugli addebiti e quindi, se venisse abolito il contante, anche coloro che usano le carte sarebbero costretti a pagare le commissioni sulle transazioni. Bell’affare, si fa per dire, “grazie” ai soliti superficiali afflitti dalla febbre del gioco.
E la lotta all’evasione? Zero, inesistente. Perciò, la strigliata della Bce la considero semplicemente come fatta dalla “classe vincente” alla “classe politica italiana”, strutturata da incompetenti per ricordare loro che hanno solo l’incarico di continuare a raggiungere quello che ci si poteva aspettare dall’emissione di una moneta a debito, cioè il fallimento degli Stati proni all’esterofilia. Da questo meccanismo non potremo uscire fuori, perché questo governo continua a contrarre debiti sull’estero e non si riesce a sviluppare la consapevolezza di dover ragionare all’unisono, assumendo alcune iniziative sotto la propria responsabilità. Tutto dipende da noi. Invece, molti hanno sperato, e forse tuttora sperano, che la salvezza possa venire addirittura da Trump.
Altra assurda decisione politica è quella di voler continuare a indebitare l’Italia in modo da far crescere smisuratamente gli esborsi a favore dell’estero: abbiamo un debito pubblico che cresce rapidamente verso quota 3mila miliardi di euro, ma sapete quanti miliardi abbiamo già trasferito all’estero a partire da quando certi personaggi hanno voluto (sotto verosimile dettatura di altri non esposti) caparbiamente entrare in questa Dis-Unione europea? Non vi dò la cifra perché il debito apparirebbe irrilevante, irrisorio.
Perciò invito tutti a seguire un consiglio dato a un gruppo di amici che non abitano in Italia quando mi manifestarono il loro disappunto perché nel loro paesino avevano chiuso l’unico sportello bancario. Gli dissi quello che proprio in Italia ho sempre cercato di far realizzare (solo recentemente ci sono riuscito ma, impegnandomi in proprio assieme a pochi volenterosi, costituendo un’associazione votata ad aiutare altri a farlo): “Scambiatevi le merci e i servizi senza utilizzare la moneta legale emessa a debito; fatevi una vostra moneta”. Mi risposero: “E della moneta legale cosa ne facciamo?”; di rimando: “Estinguete i debiti di coloro che li hanno contratti e fateveli restituire attraverso degli sconti sui beni e servizi che danno”. In quel paesino hanno fatto circolare una moneta su foglio A4 firmata da tutti i partecipanti all’idea.
Dopo qualche mese mi fecero sapere che funzionava. Dopo un paio d’anni mi arrivò un pacco-regalo per ringraziamento; un bigliettino mi spiegava che, senza saperlo, avevano raddoppiato la ricchezza di quel paesino. Mi invitavano a raggiungerli, ovviamente tutto gratuito, per insegnar loro le altre possibilità della mia idea, però il Covid ha deciso che dovessi rimanere in Italia. Non so se il mio consiglio sia stato attivato in Italia, credo di no, o almeno nessuno si è degnato di comunicarmelo.
In merito alla gestione del Covid, la cosa sta andando avanti da un anno: gli asintomatici sono positivi, non malati e non trasmettono il virus; non sono medico, ma allora a cosa servirebbe loro il vaccino? Non sarebbe meglio fare le provviste per una decina di giorni, chiuderci tutti in casa per questo tempo per poi tornare alla nostra vita quotidiana, isolando in ospedale solo i casi effettivi rilevati, come si è sempre fatto per qualunque malanno, più o meno di stagione, con sintomi evidenti? Il ragionamento porta a rispondere che non è possibile, perché altrimenti non si possono sprecare altri soldi e aumentare i debiti; come uno spreco è l’illusione del cashback.
Invito a seguire l’esempio austriaco con una campagna in difesa delle banconote che fanno parte della vita quotidiana, non costano nulla, facilitano la riduzione dei prezzi e sono un mezzo che garantisce identità e aiuta a mantenere i bilanci e le finanze personali sotto controllo (a differenza delle carte di debito/credito, bancomat eccetera che non danno “tatto” alle spese). Meglio se per questo contante si seguisse il mio consiglio realizzato all’estero, non in Italia dove invece regna la pigrizia e la fiducia nelle illusioni (affermazione di Trump). Come dicono a Napoli: “Vonn ‘o cocco mummato e bbuono”, cioè vogliono una cosa senza dover fare il minimo sforzo per procurarsela.
Ma questa inerzia non giustifica l’insistenza nello schiavizzare gli italiani. Anzi. direi piuttosto il contrario, visto che continueremo la picchiata dell’essere il bancomat europeo fino alla povertà totale, già visibile nei circa 4 milioni di italiani che hanno dovuto ricorrere alla Caritas e ad associazioni similari per poter festeggiare il seppur magro Natale.