CASO ALMASRI, IL TEMPO SULL’IPOCRISIA DEM
La sinistra insorge sul caso Almasri e lo usa per attaccare il governo Meloni dopo che il generale libico è stato rilasciato per un errore procedurale nel mandato d’arresto dell’Aja, ma dimentica i centri di tortura libici a cui ha contribuito. A evidenziare l’ipocrisia dem è Rita Cavallaro su Il Tempo, ricordando che il Pd non ha criticato la decisione dei giudici, bensì il governo, nonostante i torturatori e carcerieri libici come Almasri siano frutto delle politiche dem sull’immigrazione per fermare gli sbarchi dall’Africa dopo l’uccisione di Gheddafi, che con Silvio Berlusconi aveva raggiunto un accordo per fermare le partenze dalla Libia.
A tal proposito, viene citato il lavoro nel 2017 dell’allora ministro Marco Minniti, il quale formò una squadra per parlare con le tribù sahariane per una cooperazione per fermare i migranti già nel deserto. Il Tempo definisce quel piano “una sorta di ricatto“, in quanto “se le tribù non avessero messo in atto il piano di Minniti, non avrebbero ricevuto aiuti medici, pompe per l’acqua e denari“.
GLI ACCORDI CON LA LIBIA E IL RETROSCENA SU BIJA
Il giornale tira in ballo anche Sergio De Caprio, noto come Capitano Ultimo, a cui fu affidato il compito di parlare con le tribù sahariane per arrivare a una cooperazione. All’epoca dichiarò di essere consapevole che i centri di accoglienza non erano una soluzione, un’opportunità da cui però sono nati torturatori che per Il Tempo il Pd ha volutamente ignorato, visto che li ha ritenuti interlocutori. Lo dimostra il caso Bija, comandante ritenuto un trafficante di esseri umani dalla Corte dell’Aja.
Da documenti e foto è emerso che il torturatore libico, ucciso a Tripoli lo scorso agosto, nel 2017 è stato in Italia per una specie di addestramento sulle procedure per fermare l’immigrazione ed è stato anche nei centri di accoglienza siciliani. Lo stesso Bija disse all’Espresso di essere stato a Roma per vedere diverse persone e di essere stato dalla Guardia costiera, dalla Croce rossa, dai ministeri della Giustizia e dell’Interno.
Due mesi dopo le partenze dalla Libia si ridussero, inoltre emersero indiscrezioni di negoziati segreti tra Italia e guardia costiera libica per riportare nelle carceri libiche i migranti.
Un’ipocrisia evidenziata anche da Linkiesta, che cita anche l’allora premier Paolo Gentiloni. All’epoca non si dava la caccia a quei personaggi, anzi ci si riuniva e si lavorava ad accordi per chiedere loro di lasciare i migranti lontani dalle coste italiane, nonostante finissero poi nei centri di tortura o abbandonati a loro stessi. Inoltre, si evidenzia come ciò abbia dato un “potere di ricatto” ai libici, circostanza che sarebbe stata provata dallo sbarco di 500 migranti a Lampedura alla vigilia della scarcerazione di Almasri, tutti arrivati dalla Libia.