Nicola Morra non ricorda il giorno esatto in cui Piercamillo Davigo gli parlò per la prima volta della presunta loggia Ungheria, ma si tratterebbe del giugno dell’anno scorso. «Ci incontrammo nello studio di Davigo al Csm. Davigo mi disse semplicemente che sul dottor Ardita si stava adombrando un sospetto assai grave, e cioè che fosse in qualche modo organico a una loggia massonica segreta, occulta». Il presidente della Commissione Antimafia ne ha parlato alla procura di Roma in merito alla questione Amara-Davigo, così pure all’AdnKronos. In quell’incontro si fece riferimento che ciò era emerso alla luce di «dichiarazioni, io ricordo questo poi magari ricordo male, di un collaboratore di giustizia». Non gli sarebbe stato fatto il nome di Piero Amara: «Anche perché, avessi memorizzato avvocato Amara, per quanto io sia scherzosamente affetto da Alzheimer, potevo immediatamente associarlo alla vicenda Siracusa, Amara-Calafiore e tutto il resto». Invece Nicola Morra non ricorda di aver avuto indicazione di questo nome né di averlo letto. «Se l’ho fatto non ho afferrato, però mi ricordo che si trattava di una procura del Nord che stava vagliando l’attendibilità delle dichiarazioni di questo collaboratore che mi è stato presentato come un collaboratore di giustizia». Ricorda ovviamente anche la sua reazione di stupore di fronte a tali dichiarazioni.
Nicola Morra ha raccontato che gli è stata aperta una cartellino con un figlio. «Se non ricordo male un foglio a righe che conteneva questi stampati, e quindi l’attenzione si è soffermata sull’adesione di Sebastiano Ardita alla loggia massonica, cosa che poi puntualmente mi sembra sia stata smentita nei fatti». La sua speranza è che tutto venga chiarito. Anche per questo non si sbilancia: «Non so se qualcuno ha operato degli errori, non ho le competenze per poter asserire se è stato alfa o è stata beta, ma io lavoravo affinché il gruppo di Autonomia e Indipendenza recuperasse uno spirito di dialogo interno che li rendesse nuovamente punti di riferimento per quanto riguarda la mia azione in termini di politica giudiziaria». Visto che non c’erano stati ulteriori sviluppi, ha preso parte ad eventi con lo stesso Sebastiano Ardita. Ma Morra rivela anche un retroscena su quella rivelazione di Piercamillo Davigo: «Ricordo perfettamente che Davigo mi portò nella tromba delle scale, questo atteggiamento mi insospettì, era quasi a far pensare che non ci si fidasse neanche del luogo in cui ci si trovava perché magari si poteva essere sottoposte a controllo». Una volta appreso tutto, ne parlò con Ardita e Nino Di Matteo, che poi ha denunciato pubblicamente tutto. «Già avevo preso la decisione di riferire alla procura di Roma, ma sono stato anche suggerito in tal senso sia dal dottor Di Matteo che dal dottor Ardita, perché non c’è cosa più pulita che segnalare a chi di dovere».
MORRA “DAVIGO MI PARLÒ DEI VERBALI AMARA”
Anche Nicola Morra, presidente della Commissione Antimafia, sapeva dei verbali segreti di Piero Amara finiti a Piercamillo Davigo. «Sapevo anche io della questione perché informato da Piercamillo Davigo». Parole pesanti perché confermano che la vicenda non è rimasta circoscritta al Csm, ma è stata portata all’esterno. Nei giorni scorsi Morra per vie formali ha informato la procura di Roma di ciò di cui è a conoscenza. Dalle sue dichiarazioni, stando a quanto riportato da Il Dubbio, è emerso che fosse consapevole della presenza in quei verbali del nome di Sebastiano Ardita, erroneamente indicato come membro della fantomatica loggia Ungheria. «Sono contento che Sebastiano Ardita sia uscito bene da questa vicenda», il commento di Morra. Nei verbali, infatti, il ruolo di Ardita sarebbe sfumato. Viene indicato da Piero Amara ad un incontro e viene indicato come pm di Catania in un periodo in cui però era al Dap. Dunque, quanto affermato non sarebbe credibile. In quei verbali si fa però anche il nome di Marco Mancinetti, un altro consigliere su cui però Davigo ha taciuto. «Dovevo spiegare perché i rapporti con Ardita si erano interrotti», la spiegazione fornita dall’ex pm di Mani Pulite.
DAVIGO E LA ROTTURA CON ARDITA: UN MISTERO…
La rottura tra Piercamillo Davigo e Sebastiano Ardita si sarebbe consumata quindi nell’aprile 2020, quando il pm Paolo Storari consegnò all’ex consigliere del Csm i verbali dell’ex avvocato. Secondo quanto riportato però da Il Dubbio, fonti accreditate riferiscono che invece la rottura risale a prima di marzo 2020, quindi prima che Davigo entrasse in possesso dei verbali. Un nuovo mistero che per la corrente Autonomia & Indipendenza, fondata proprio dai due ex amici, sarebbe una specie di regolamento di conti che rafforzerebbe l’ipotesi di un complotto ai danni di Ardita. Intanto il procuratore capo di Milano Francesco Greco è stato ricevuto oggi da quello di Roma Michele Prestipino. Al procuratore generale Francesca Nanni, invece, ha consegnato una relazione sulla vicenda Piero Amara in cui spiega che non ci fu affatto un’inerzia nelle indagini, come invece sostenuto dal pm Paolo Storari, bensì furono fatti accertamenti ma «con prudenza e cautela». Infatti, i primi nomi iscritti nel registro degli indagati (Amara, l’ex collaboratore Alessandro Ferraro e l’ex socio Giuseppe Calafiore) arrivarono 5 mesi dopo il primo verbale. Invece Storari voleva agire subito per acquisire i tabulati e disporre le intercettazioni. Ma secondo Greco sarebbe stato proprio Storari a danneggiare le indagini consegnando i verbali di Amara a Davigo.