31 agosto 2023: ennesima copertina per il mondo dei grandi carnivori in Italia. Un orso viene ucciso con un colpo di fucile poco fuori i confini del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise (Pnalm). Non è morto un orso qualunque, Amarena (F17 per chi vuole mantenere un certo distacco affettivo) era diventata una mascotte in seguito a numerose scorribande nei borghi del parco e a frequenti razzie di ciliegie e amarene (da qui il soprannome). Il 2020 per lei è l’anno della consacrazione; la fama nasce e cresce rapidamente grazie a ben quattro cuccioli sfornati, evento raro evidentemente da sfoggiare per le vie del paese. Tra i quattro, Juan Carrito (JC o M20) seguirà le orme della madre più dei fratelli, mantenendo un’eccessiva confidenza con l’uomo e accumulando una lunga serie di “infrazioni”. L’estate della famigliola trascorre tra sfilate e paparazzi ma a distanza di tre anni, i frutti di quello spettacolo non sono più succose amarene e ciliegie: JC muore investito a inizio 2023 dopo aver visto più elicotteri e guardiaparco che faggi e abeti. Pochi mesi dopo anche Amarena termina la sua corsa lasciando i due nuovi cuccioli prima del previsto. Una trama che ben si inserisce nel festival del sentimento, sempre più caposaldo della società moderna. La vicenda non deve però essere la puntata di un talk show. È, semmai, occasione per conoscere davvero questa iconica presenza affinché ognuno possa giungere a darsi le vere ragioni per cui la sua possibile scomparsa rappresenterebbe una perdita per tutti noi, nessuno escluso.



Marsicano, non solo bruno

Protagonista di questa storia è l’orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus), diffuso principalmente entro i confini del Pnalm con pochi individui presenti nei territori limitrofi. Sottospecie dell’orso bruno (presente nel resto d’Europa, Trentino compreso), deve il suo nome alla Marsica, terra un tempo abitata dal popolo dei Marsi. Si tratta dunque di un endemismo italiano, una perla naturalistica presente esclusivamente in una piccola porzione dell’Appennino centrale. Il progressivo isolamento dalle popolazioni alpine ha portato all’evoluzione di caratteristiche differenti nella genetica, nella morfologia e nel comportamento. Il marsicano presenta dimensioni inferiori e un’indole generalmente più pacifica. Inoltre, seppur onnivoro, presenta una specializzazione in una dieta vegetariana anche grazie alla peculiare struttura cranica e alla presenza di alcuni enzimi digestivi specifici.



Una situazione critica

La popolazione marsicana rimane confinata in un’area particolarmente ristretta. Gli orsi necessitano di vasti territori. Per giunta, mentre le femmine tendono a rimanere nelle aree in cui sono nate, sono principalmente i giovani maschi a disperdersi in cerca di nuovi territori vedendosi spesso costretti a rientrare una volta constatata l’assenza di femmine. Inoltre le dinamiche di riproduzione, come se non bastasse, non vengono in soccorso. Una femmina si riproduce a 3-4 anni di vita e in seguito generalmente solo ogni 3-4 primavere. Ne consegue una lenta crescita della popolazione, che risente inoltre di una grande fragilità. La scarsa variabilità genetica, conseguenza dell’isolamento, favorisce l’accumulo di mutazioni deleterie aumentando la suscettibilità ad eventuali alterazioni climatiche e ambientali.



Ed ora il dato più allarmante: le femmine riproduttive accertate nel 2022 sono state 10 (Rapporto orso marsicano 2022), di cui almeno 3 con prole. Si stima, in totale, la presenza di 50-60 esemplari di orso bruno marsicano. Una situazione che fatica a migliorare anche per il controverso rapporto con l’uomo. L’orso marsicano, logo e simbolo del Pnalm, è punto di confluenza di gran parte delle energie messe in campo dal parco che hanno sicuramente inciso positivamente rappresentando, tuttavia, uno solo dei due binari sui quali ha viaggiato l’influenza umana sulla sottospecie marsicana.

Di contro, infatti, dal 1970 al 2022 solo il 18-20% dei 130 decessi accertati è attribuibile a cause naturali. Tra le varie cause antropiche, 22 morti per armi da fuoco, 20 per incidenti stradali o ferroviari e 18 tra avvelenamento e bracconaggio. Tuttavia, dal 2014 una decina di orse si sono riprodotte lontano dal parco tenendo acceso un barlume di speranza dinanzi all’ombra dell’estinzione. L’espansione, seppur lenta, dell’areale occupato dalle femmine è un segnale incoraggiante (oltre che per i maschi) per chi spera nella sopravvivenza di questo endemismo. La popolazione potrebbe aumentare, ampliando l’areale, e raggiungere una consistenza più rassicurante. E noi?

Responsabilità: tra onori e oneri, un pronostico da ribaltare

In un mondo social, di tuttologi che tutto sanno ma poco e male, puntuali sorgono gli schieramenti rumorosi quanto sterili dei sì-orso e dei no-orso. Sullo sfondo, la platea degli indifferenti. Di base resta diffusa una concezione distorta della biodiversità, vista come qualcosa di subordinato o accessorio, il cui valore e quindi la cui sorte sembrano dover importare soltanto a fanatici e addetti ai lavori, sulle basi di gusti o interessi più o meno ragionevoli. La conservazione dell’orso marsicano è invece un valore per tutti.

Innanzitutto, ogni specie svolge una funzione all’interno di un ecosistema complesso, ricco di interazioni non ancora comprese del tutto. La perdita di un singolo ingranaggio danneggia l’intera macchina con effetti negativi che potrebbero toccarci direttamente. Tutelare “specie ombrello” come l’orso significa, inoltre, tutelare interi ecosistemi. Proteggendolo si proteggono, a cascata, tutte le specie che abitano quell’area permettendoci di ammirare il raro picchio dorso bianco, di godere di splendide fioriture piuttosto che di passeggiare in maestose faggete secolari. E chi non ama la bellezza?

Perché un altro valido motivo per tenerci l’orso potrebbe essere semplicemente questo: il gusto della bellezza. Non mero estetismo, ma bellezza profonda e misteriosa, piena anche di timore, che scaturisce dall’originalità e dalla ricchezza di ogni elemento di diversità. E che dice qualcosa di noi, della nostra natura. E forse per questo divide, smuove. Perché lo amiamo e lo odiamo, lo vogliamo e poi non lo vogliamo più. Ma resta irriducibile, come noi. E noi nell’orso ci specchiamo. Vediamo la scomoda coesistenza tra bene e male, tra giusto e sbagliato, tra desiderabile e temibile. Non a caso all’orso dedichiamo bar, parchi e strade. E lo usiamo in pubblicità, loghi e giocattoli. Ma allo stesso tempo, non a caso ne abbiamo paura. E proprio in questi giorni, all’interno del Pnalm, un’orsa si è introdotta nella pasticceria “Pan dell’orso” per uno spuntino. Un episodio che ironicamente immortala il dolce e l’amaro di questo animale, patrimonio nazionale che potrebbe sparire per sempre.

A noi spetta la scelta di che ruolo giocare in questa partita, consapevoli di avere gli strumenti per ribaltare il pronostico e tenere l’orso marsicano più lontano possibile dal vortice dell’estinzione. Altrimenti che amarezza, altro che amarene…

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI