Anche il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, attacca il centrodestra per il caso Bari, che rischia lo scioglimento per infiltrazioni mafiose. «Stiamo esponendo il sindaco di Bari a un grave rischio di incolumità. Antonio Decaro è sotto scorta da anni per le denunce e gli arresti che ha fatto fare nei confronti di mafiosi e quindi ci vorrebbe più saggezza», ha dichiarato il governatore ai microfoni di Quotidiano Nazionale. Ma la nomina di una commissione ispettiva, che il Viminale sta valutando, è un atto ancora interlocutorio. Comunque, l’invito di Emiliano è a non calcare la mano su questa storia: «Se utilizzate in modo strumentale le normative sullo scioglimento dei Comuni e sulle ispezioni, rischiate di confermare i sospetti di chi pensa che questo sia un governo autoritario che non garantisce la Costituzione e la democrazia. Noi difenderemo quello che abbiamo fatto in questi anni, difenderemo il sindaco di Bari, la città e la Puglia intera». Per Emiliano le normative sullo scioglimento dei comuni è stata usata in maniera strumentale, visto che «la Direzione Distrettuale Antimafia che ha in mano tutte le informazioni ha più volte detto che il sindaco Decaro è stato essenziale per la reazione di tutta la città contro le associazioni mafiose». Inoltre, la procura di Bari «ha chiarito la posizione del sindaco e dell’amministrazione».
A tre mesi dalle elezioni amministrative, la lotta alla mafia sta diventando oggetto di polemica elettorale e scontro. Comunque, si dice d’accordo con Fabio Rampelli, deputato di Fratelli d’Italia, secondo cui il problema è la legge per la quale è sufficiente che un solo dipendente abbia relazioni con associazioni criminali per avviare la procedura di scioglimento per infiltrazioni mafiose. «Ho più volte detto che questa normativa ha bisogno di essere ricondotta al rispetto della Costituzione. E mi risulta che proprio il ministro Piantedosi e Decaro, nei rispettivi ruoli, stessero lavorando insieme a un progetto di riforma». Per Emiliano il rischio è che quella legge venga usata da «chi pensa di poter perdere delle elezioni comunali», che «potrebbe decidere di lasciare tracce anche solo indiziarie di voto di scambio o di infiltrazione mafiose per far fuori una maggioranza al momento del bisogno». Infine, riguardo la mancata richiesta di dimissioni di Anita Maurodinoia, assessora regionale pugliese ai Trasporti citata nell’inchiesta su mafia e politica, Emiliano precisa che «dall’intercettazione non emerge da quelle parole alcuna accusa nei confronti del mio assessore» e «le dimissioni si chiedono in base ad atti giudiziari che contengono prove evidenti di responsabilità», che però ad oggi non sono emersi.
I NOMI DI EMILIANO E DECARO NELLE INTERCETTAZIONI DELL’INCHIESTA
Spunta anche il nome del governatore pugliese Michele Emiliano nelle intercettazioni dell’inchiesta che ha portato il Viminale a nominare una commissione per valutare se ci sia stata infiltrazione criminale nell’amministrazione comunale di Bari. In realtà, neppure il sindaco Antonio Decaro, che è anche presidente dell’Anci, non è esente da citazioni. Non sono stati intercettati e, come precisato dai magistrati, non risultano coinvolti. Sono i principali indagati dell’inchiesta a parlare di loro, come ricostruito dalla Verità. Il primo è Tommaso Lovreglio (nipote del boss Savino Parisi, ndr) che, confrontandosi con la zia Angela Parisi, ha tirato fuori i due nomi legandoli alle elezioni, in una conversazione che in diversi passaggi risulta incomprensibile: «Oh.. (incomprensibile)… ha pagato Decaro forte… e che dobbiamo fare (incomprensibile)… Emiliano ha pagato poi la Maurodinoia… lo sai quanto stava dando la Maurodinoia alle persone? Eh?». La sua interlocutrice si è rivelata informata: «Di solito dà 50 euro… noi non abbiamo avuto proprio niente…». Facendo due conti, i due davano per scontato che le preferenze a Maurodinoia erano state tutte pagate. «Comunque la Maurodinoia ha preso 6.400 voti… se si metteva (incomprensibile) ad Emiliano lo sai quanto stavano dando? Vito… 50, 70 a persona… a voto… e come fai a batterli?», affermava Lovreglio.
Emiliano viene citato anche da Maria Carmen Lorusso, consigliere comunale eletto col centrodestra poi passata al centrosinistra, finita ai domiciliari, e suo marito Giacomo Olivieri, avvocato ed ex consigliere regionale arrestato con l’accusa di essere stato uomo chiave dei presunti accordi con i clan mafiosi per portare in consiglio la Lo Russo tramite l’ipotizzata compravendita di voti. «Ho detto io: no, ti faccio chiamare da Emiliano perché quei voti andranno a Emiliano… mo te lo dico… ma io non ho bisogno (parole incomprensibili)… chiaramente non me lo far fare domani o dopodomani perché mo sono finite le votazioni, ma ti dico che noi gli facciamo l’assunzione come avevamo promesso… col posto fisso… le ore fisse», dichiarava Olivieri parlando con la moglie. Invece, parlando con una persona che verosimilmente aveva intenzione di candidarsi, diceva: «Se ti candidavi prendevi 120 voti a mo’ degli altri… erano cazzi amari mo… invece così sei in centrosinistra… un domani Emiliano può dare un incarico… lo può dare… che ne sappiamo… è tutto da giocare… poi io… ha vinto Decaro, amen… basta… cinque anni… ho detto “Mari rilassati”».
Quando l’interlocutore replicava che Emiliano sarebbe stato il primo a venire a cercare, Olivieri rispondeva: «Sarà il primo a venire a cercare… noi stiamo tranquilli». Ma dagli atti dell’inchiesta non emergono successivi tentativi avanzati da Emiliano per agganciare Olivieri, mentre Antonio Decaro rivendica di averlo «cacciato» da una multiservizi. Il nome del sindaco viene fatto dal collaboratore di giustizia Nicola De Santis, detto il Pezzato, il quale in merito all’assunzione di un certo Massimo Parisi, fratello del boss Savino Parisi, ha dichiarato: «Ricordo che questi era impegnato nelle campagne elettorali di Decaro e di Giorgio D’Amore nella circoscrizione zona Japigia tra il 2008 e il 2010; gli incontri sono avvenuti circa sette mesi prima o al massimo un anno prima dell’assunzione di Parisi all’Amtab. Comunque si trattava di elezioni locali e Decaro era assessore ai Trasporti». Comunque, il procuratore di Bari Roberto Rossi ci ha tenuto a escludere il coinvolgimento del sindaco Decaro nell’inchiesta che ha portato all’operazione con 130 arresti: «Abbiamo accertato l’insussistenza del coinvolgimento del sindaco».