È più che comprensibile che chi ha fatto la generosa esperienza di ospitare un bambino in affido si preoccupi che nella discussione sulla triste – per non dire terribile – vicenda di Bibbiano si rischi di delegittimare un istituto nato proprio per salvaguardare minori che si trovano in un grave stato di disagio nella propria famiglia. Occorre però mantenere un po’ di equilibrio, e fare attenzione a non imbarcarsi in un’astratta e generica difesa di un istituto le cui prassi fanno purtroppo acqua da tutte le parti.
Chi si intende di diritto di famiglia e opera nel settore dell’avvocatura, sa bene che i magistrati, oberati da troppo lavoro, aderiscono quasi sempre alla richiesta degli operatori sociali, la cui competenza e buona fede non è poi così diffusa, come dimostrano i casi che stanno emergendo in tutta Italia. È di poche ore fa la notizia che il guru dell’associazione Hansel e Gretel Claudio Foti, ritenuto uno dei massimi esperti della materia, osannato in tanti convegni, non ha alcuna laurea né in psicologia né in psichiatria, ma è un semplice laureato in lettere, e si è poi autonominato “psicodrammatista”. Ci andrei cauto quindi nel dichiarare una così sicura fiducia in operatori sociali con un curriculum a volte inadeguato.
Va inoltre detto che l’indagine di Bibbiano è scattata dopo una verifica dell’abnorme numero di espropri familiari verso famiglie e case di accoglienza esplosi in poco tempo in un piccolo territorio. Quindi il problema esiste eccome, e non mette certo in discussione un istituto come l’affido, ma segnala la necessità di una urgente revisione delle prassi ad esso correlate. Fossero anche pochi casi, non è tollerabile che bambini vengano sottratti di colpo ai genitori, che vanno a scuola a prenderli e non li trovano più, roba che nemmeno Pinochet, e che questi genitori non abbiano la possibilità di far ascoltare le proprie ragioni, perché l’affido è temporaneo (e magari dura anni) e per questo motivo non è ammesso alcun ricorso! Non è certo in discussione la misera somma di 350 euro mensili per la famiglia affidataria, semmai lo è il compenso agli operatori che guadagnano in base alla quantità dei casi da loro trattati.
Inaccettabile poi che si ritenga normale che una famiglia – diciamo – di formazione cristiana veda assegnare i propri figli a una coppia omosessuale, per poi magari vedersi restituire dopo anni una persona educata a ben altra visione del mondo. Solo perché è commovente e quindi lecito il “desiderio di paternità e maternità” di una coppia omogenitoriale? Ma qui si tratta di persone, i figli non sono mica dei peluche che vengono concessi in affido per accontentare i desideri di genitorialità.
Attenzione che qui, ferma restando la liceità di ogni scelta sessuale, si rischia di aderire all’asfissiante pensiero unico che si sta diffondendo ovunque, quando invece occorre rispettare il contesto culturale di appartenenza del minore. Parrebbe ovvio, ma evidentemente non lo è.
Concordo sul fatto che non si debba strumentalizzare, ma andrei cauto nel difendere a priori tutte le Ong e tutti gli operatori sociali. Da vent’anni lavoro in questo campo, e mi sono accorto che – ad essere generosi – il 50 per cento lo fa con dedizione e vero volontariato, mentre l’altra metà ci campa sopra. E stiamo parlando di mezzo milione di Onlus! Se si vuole saperne di più, prima di buttare lì difese generiche, è il caso di dare un’occhiata a L’industria della carità, scritto qualche anno fa da una seria giornalista del Sole 24 Ore. Chi lo legge si renderà conto che esiste qualcosa di più vergognoso della strumentalizzazione politica: fare soldi sulle disgrazie altrui.
Detto ciò, rifuggendo dalle tifoserie, dovremmo prendere ad esempio i casi che funzionano ma non nascondere o minimizzare quelli che mettono in luce grosse criticità e rischi di gravi abusi.