Una chance non la si nega a nessuno e per questo era giusto aspettare per un intero giorno – peraltro senza troppe illusioni – che qualche voce libera e critica si alzasse all’indirizzo del Lecca Day orchestrato in settimana a Firenze all’indirizzo del presidente di World Athletics Sebastian Coe. Per carità, nessuna ostilità preconcetta alla celebrazione di un record avvenuto 40 anni prima allo stadio di Firenze e firmato dall’ex mezzofondista britannico, ma c’è modo e modo…



Soprattutto esiste una funzione del cervello che segnala quando è opportuno o meno fare certe cose e come farle.

Meno di tre mesi fa in qualità di presidente (molto discusso) della Atletica internazionale, successore ed ex vice del delinquente Lamine Diack, Sebastian Coe ha respinto al mittente il pronunciamento di un Tribunale della nostra Repubblica, snobbandolo e avvertendo con tono minaccioso l’Italia politica e sportiva di non schierarsi dalla parte dell’atleta Alex Schwazer, assolto dal Giudice di Bolzano. Coe parlava spudoratamente addirittura a nome del TAS e della Athletics Integrity Unit, in teoria organismi indipendenti. Nessuna spiegazione, nessuna scusa, nessuna presa di distanza invece rispetto al reato di frode processuale dei suoi collaboratori emerso durante il procedimento di Bolzano e denunciati nell’Ordinanza del Giudice Pelino. Tutt’altro: identificazione totale!



Uno così tre mesi dopo può essere ricevuto dalle nostre autorità come se niente fosse, anzi con tutti gli onori? E’ successo! Gli vengono addirittura consegnate le chiavi della città di Firenze con sindaco, presidente di Regione, presidente della Federazione italiana di atletica, direttore del quotidiano toscano più diffuso che sgomitano per premiarlo e i media a fare da valletti senza che qualcuno osi porre almeno una domandina sull’irrisione della Giustizia italiana. Scena peraltro già vista col sottosegretario allo sport Valentina Vezzali, del tutto smemorata e svolazzante di fronte al direttore generale della WADA, di cui avrebbe dovuto chiedere semmai le dimissioni.



Che Paese siamo? Gente che evidentemente si trova a suo agio solo nel ruolo di servi. D’altronde se le minacce dell’arrogante potere sportivo internazionale trovano così pronti a rientrare a cuccia scodinzolando i nostri politici e i nostri sportivi, qualche ragione purtroppo ci sarà.

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