L’allarme di Crosetto è fondato: se il ministro della Difesa non avesse le informazioni che invece possiede, avrebbe comunque ragione di ritenersi preoccupato, perché esiste una componente di sinistra della magistratura che vede un giorno sì e l’altro pure un imminente ritorno del fascismo. E quindi è disposta ad utilizzare tutti i mezzi di cui dispone per fermare il Governo.



Ne è convinto Gaetano Pecorella, avvocato penalista, ex parlamentare di Forza Italia e difensore di Berlusconi, una storia politica di sinistra-sinistra alle spalle (Potere operaio, Democrazia proletaria) per poi approdare a posizioni di orientamento “liberal”.

Per Pecorella la Meloni sta attuando un’abile strategia politica e la separazione delle carriere non si farà.



Come giudica gli ultimi provvedimenti varati dal Governo in tema di valutazione dell’operato dei magistrati? Niente test psico-attitudinali, però ci sono le pagelle, già previste dalla riforma Cartabia.

Ritengo che fossero una necessità. Oggi le valutazioni sono di fatto inesistenti, almeno adesso avverranno per singole voci, in modo più articolato. Speriamo che risultino meno determinate dalle correnti.

Cosa ci mette a riparo da questa eventualità?

Al riparo non credo. Le valutazioni saranno fatte da diversi magistrati nel corso nel tempo, per arrivare infine al Csm, dove le correnti ci sono tuttora. Quindi non escludo che possano essere utilizzate per favorire o sfavorire la carriera di qualcuno, ma questo dovrebbe risultare più difficile.



Dunque la sua valutazione è positiva.

Più soggetti diversi valutano l’operato dei magistrati, più aumentano i controlli, meglio è.

Anche da parte degli avvocati, oltre che degli uffici giudiziari, come vuole il Governo?

Gli avvocati sarebbero i migliori giudici dell’operato dei magistrati, visto che sono a stretto contatto con il loro lavoro giorno dopo giorno. E non avrebbero particolari ragioni di preferire l’uno all’altro.

La sorprende il malumore che serpeggia nella magistratura verso una valutazione che diventa più capillare?

No, perché nessuno è felice di essere più controllato di prima, soprattutto se prima non lo era affatto o quasi. Fare il magistrato è una scelta di vita. Chi la compie non dovrebbe sorprendersi di essere valutato. Anzi, dovrebbe volerlo. Per qualche magistrato sarà uno svantaggio, ma per altri, che fanno il loro lavoro senza clamore, potrebbe diventare un vantaggio.

Fa discutere l’allarme preventivo lanciato dal ministro Crosetto che ha parlato di “una corrente in cui si parla di come fare a ‘fermare la deriva antidemocratica a cui ci porta la Meloni’”. Lei come accoglie questa denuncia?

Trova piena conferma nella storia di questi anni: è quel che è successo con Mani pulite e i partiti di centrodestra. Credo però che Crosetto abbia fatto riferimento a qualcosa di più preciso, cioè a notizie in suo possesso.

È questo infatti che preoccupa gli ambienti politici. Più nel centrodestra che nel centrosinistra, ovviamente.

Crosetto è persona assolutamente seria e non fa accuse alla magistratura così gravi senza poterle provare. O ha avuto confidenze da qualche magistrato, oppure sa dell’esistenza di qualche intercettazione che può essere utilizzata a fini politici.

E quanto alla magistratura?

Ci sono componenti della magistratura che vedono un governo di destra come fumo negli occhi perché è contro le loro convinzioni politiche, in particolare quelle di chi sta a sinistra.

Insomma è una questione di potere?

Sì. Per fare un esempio, con questo Governo gli appartenenti alle correnti di sinistra saranno meno facilitati nell’accesso agli incarichi extra-giudiziari rispetto ai colleghi di destra. Proprio per questo gli scontri sono prevedibili e inevitabili.

Interpellato sulle sue dichiarazioni, Crosetto ha rincarato la dose: “alcuni magistrati hanno manifestato il dovere di contrapporsi al Governo con i mezzi a loro disposizione per bloccarne l’azione”.

Certo. Inchieste, incriminazioni, arresti sono i mezzi che hanno. Questo conferma che Crosetto ha informazioni precise.

Ha definito questo scontro di potere “inevitabile”. Perché?

Perché se hai strumenti di potere e ritieni che chi è al potere sia pericoloso per i tuoi convincimenti, per la tua posizione istituzionale e sociale, è quasi inevitabile che tu faccia tutto ciò che è in tuo potere per difendere te stesso e il tuo ambito.

Tutto normale?

Ovviamente no: il buon magistrato dovrebbe fare una scelta. Se resta in magistratura applica le leggi, se vuole fare lotta politica dovrebbe andarsene e farla fuori dalla magistratura.

Questa avversione di una parte della magistratura al Governo e alle sue scelte viene da una contrarietà alle riforme, come la separazione delle carriere?

Non credo sia un problema di riforme. Se uno si trova a fare il magistrato ed è convinto che in Italia stia tornando il fascismo, farà di tutto per evitarlo.

Questa è opposizione politica. Per di più con il potere delle manette.

Esatto. I magistrati non vogliono la separazione perché stravolgerebbe la loro attività professionale e le loro aspettative di carriera. Questo vale per tutte le correnti. Ma Crosetto si riferisce ad una componente specifica, dunque questo avvalora la mia interpretazione. Significa che l’avversione è politica.

Se i magistrati temono la separazione delle carriere, perché non dovrebbero opporsi a questa riforma?

Non hanno ragione di temerla perché sanno già che non si farà. E non si farà perché il Governo, invece di farla con legge ordinaria, ha scelto la strada della riforma costituzionale, che vuol dire tempi lunghi e probabilmente referendum. Di fatto è stata messa da parte, dicendo che in questo momento ci sono cose più urgenti.

Lei cosa pensa?

Anch’io scommetterei che è un’ipotesi remota. Questo Governo, a dispetto degli annunci, non ha particolare interesse a fare la separazione delle carriere perché è un governo statalista, con venature autoritarie.

Faccio fatica a seguirla.

Separare le carriere potrebbe avere un senso per il Governo solo se pensasse di sottoporre poi i pubblici ministeri al potere politico. Il che avrebbe una sua logica, perché non ha senso un pubblico ministero parte che non risponde a nessuno sotto il profilo della politica criminale.

Cosa conclude?

O il Governo Meloni ha questo programma, e allora fa di tutto per realizzarlo; oppure, se non ha questo programma, neppure è disposto a crearsi problemi seri per fare una riforma che sul piano politico gli interessa relativamente poco. E la conferma, infatti, è che nessuno se ne sta occupando.

Dunque non crede che rallentare i cantieri promessi – dall’abuso d’ufficio all’ordinamento giudiziario – sia stata una scelta di gradualismo e di conciliazione verso la componente più refrattaria della magistratura?

Ho una lettura diversa. Con una strategia sicuramente intelligente, la Meloni ha presentato questo Governo come un Governo delle garanzie, forte della presenza due magistrati – Nordio e Mantovano – alla Giustizia e a Chigi, e preannunciando una serie di riforme fortemente garantiste che neanche Berlusconi è riuscito a fare. Dopodiché tutti i provvedimenti adottati finora sono andati in direzione opposta: introduzione di nuovi reati e aumenti delle pene. Di abuso d’ufficio non si parla più, la riforma dell’ordinamento giudiziario, separazione delle carriere in primis, risulta accantonata. In compenso la resistenza passiva adesso è un reato. Il programma era liberale, i fatti lo smentiscono.

(Federico Ferraù)

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