Tre carabinieri avrebbero mentito nel processo sui depistaggi legati al caso di Stefano Cucchi e per questo sarebbero stati rinviati a giudizio con prima udienza fissata per il 25 settembre prossimo, quando compariranno davanti ai giudici in veste di imputati per rispondere a vario titolo delle accuse di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici e depistaggio.
Secondo quanto riporta l’Ansa, la decisione del gup di Roma riguarderebbe i militari Maurizio Bertolino, allora maresciallo presso la Stazione di Tor Sapienza, Fortunato Prospero, capitano e all’epoca dei fatti comandante della Sezione infortunistica e polizia giudiziaria del Nucleo radiomobile di Roma e il maresciallo Giuseppe Perri. Stando alle contestazioni, con le loro testimonianze avrebbero ostacolato la ricostruzione degli eventi.
Caso Cucchi, le ipotesi a carico dei tre militari imputati
Secondo le ipotesi dell’accusa a carico dei tre carabinieri imputati dal prossimo 25 settembre, avrebbero a vario titolo mentito, tentato di sviare le indagini e si sarebbero mostrati reticenti nell’ambito del processo sul caso di Stefano Cucchi. A decidere per il loro rinvio a giudizio, come ricostruisce Agi, è stato il giudice dell’udienza preliminare di Roma.
Nello specifico delle contestazioni, al carabiniere Bertolino sarebbe contestato il fatto di aver mentito ai propri superiori e in particolare avrebbe dichiarato di non sapere dell’esistenza di un dossier contenente atti sul caso di Stefano Cucchi presso la Stazione Carabinieri di Tor Sapienza. La presenza di quei documenti, però, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa gli era stata confermata da un altro militare. A Prospero, invece, si contesterebbe l’aver attestato il falso in un memoriale di servizio del 2018 nel quale avrebbe indicato che due colleghi del suo reparto si trovavano altrove mentre uno era stato sentito in questura e l’altro lo avrebbe accompagnato. Sempre stando all’ipotesi accusatoria, Perri avrebbe infine dichiarato il falso quando negò di aver chiesto agli agenti di polizia di assistere all’interrogatorio del collega che aveva accompagnato in questura.