Il caso Durigon è arrivato alla Camera e Mario Draghi ha fatto chiarezza. Il sottosegretario dell’Economia in quota Lega è stato al centro di un’inchiesta giornalistica legata alle indagini sui finanziamenti del Carroccio e, non sapendo di essere ripreso dalle telecamere, ha dichiarato che il generale della Guardia di Finanza che ha portato avanti le indagini è stato messo lì proprio dal partito guidato da Matteo Salvini.



Su interrogazione del deputato Forciniti di L’alternativa c’è, Mario Draghi ha spiegato: «Sentito il Comando generale della Gdf, si segnala che l’indagine oggetto dell’interrogazione è stata svolta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Milano, nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, alle dipendenze e sotto la direzione della Procura della Repubblica di Milano».



CASO DURIGON, LE PAROLE DEL PREMIER DRAGHI

Mario Draghi ha poi recitato quanto previsto dall’articolo 329 comma 1 del codice di procedura penale, spiegando che gli agenti di polizia giudiziaria possono riferire solo al magistrato titolare dell’indagine: «I reparti della Guardia di Finanza che hanno svolto le suddette attività investigative sono comandati da ufficiali con il grado di Colonnello. Nessun ufficiale Generale ha svolto ruoli direttivi nelle investigazioni oggetto dell’interrogazione. Inoltre, si evidenzia che tali ufficiali non rivestono qualifiche di polizia giudiziaria e pertanto non possono ricoprire un ruolo di diretto intervento nell’ambito delle indagini eseguite di iniziativa o su delega dell’Autorità giudiziaria». Il premier, concludendo il suo intervento sul caso Durigon, ha ribadito che i reparti operativi del Corpo sono dotati di piena autonomia organizzativa: «Infine, la Procura di Milano, il 29 aprile, ha confermato piena fiducia ai militari della Gdf evidenziandone la professionalità, il rigore e la tempestività negli accertamenti loro delegati».

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