ENZO TORTORA, UN CASO DI MALAGIUSTIZA
Enzo Tortora, uno dei più grandi personaggi della storia della televisione nonché autore di programmi di successo quali “Portobello”, sarà ricordato questo pomeriggio nel corso della ventinovesima puntata stagionale di “Domenica In”: infatti il talk show condotto come ogni weekend da Mara Venier su Rai 1 vedrà, all’interno del solito, ricco parterre di ospiti, la presenza in studio di Gaia Tortora, la 53enne giornalista e conduttrice tv capitolina. E la figlia dell’indimenticato Enzo parlerà con la padrona di casa del suo ultimo libro, “Testa alta, e avanti” dedicato a suo papà e alla vicenda giudiziaria che ha coinvolto la famiglia Tortora nella sua ricerca di giustizia. Ma cosa sappiamo del cosiddetto ‘caso Tortora’ oggi e cosa è emerso a quasi quarant’anni di distanza da quella vicenda?
In attesa di ascoltare le parole della figlia di Enzo Tortora questo pomeriggio a “Domenica In”, riavvolgiamo il nastro della memoria e torniamo agli Anni Ottanta: considerato uno dei personaggi più importanti nella storia del piccolo schermo del nostro Paese e conduttore di format di successo come “La Domenica Sportiva” e il sopra citato “Portobello”, l’autore televisivo originario di Genova fu vittima nel 1983 di un caso di malagiustizia che lo vedrà assolto solamente quattro anni dopo, nel 1987, e pochi mesi prima della sua prematura morte, a soli 59 anni, a causa di un tumore ai polmoni che lo stroncò il 18 maggio del 1988. Tortora infatti fu ingiustamente accusato, su richiesta di due procuratori, di gravi reati ai quali risulterà totalmente estraneo ma che di fatto comportarono la fine della sua carriera televisiva, a parte l’oramai famoso e iconico ritorno nel 1987 quando, dagli studi del suo amato “Portobello”, farà il suo toccante discorso aperto da un “Dunque, dove eravamo rimati?”.
ENZO TORTORA, LE ACCUSE E L’ARRESTO: POI IL RITORNO IN TV CON…
Nella puntata del 20 febbraio di quell’anno, Tortora (accolto dalla standing ovation del pubblico ed evidentemente commosso), provò a riallacciare i fili di un discorso mai interrotto con chi lo aveva amato e, con il garbo e lo stile che lo contraddistinsero sempre, non usò mai parole d’odio ma anzi si lasciò andare a un sentito ringraziamento: “Potrei dire moltissime cose e ne dirò poche. Una me la consentirete: molta gente ha vissuto con me, ha sofferto con me questi terribili anni. Molta gente mi ha offerto quello che poteva, per esempio ha pregato per me, e io questo non lo dimenticherò mai (…) Ed ora cominciamo, come facevamo esattamente una volta” disse, ricordando di essere in video anche a nome di tutti quelli che non potevano parlare. Come si ricorda, le accuse infamanti nei suoi confronti furono formulate da pentiti e soggetti provenienti dal mondo della criminalità e che lo portarono ad essere arrestato nel giugno del 1983 per traffico di droga e associazione camorristica.
Da lì cominciò per Enzo Tortora un incubo (si ricordi la scena dell’uomo prelevato davanti alle telecamere dai Carabinieri per portarlo a Regina Coeli) che solo la successiva assoluzione, l’amore del suo pubblico, la verità e tanti libri pubblicati a suo sostegno nel corso di questi quarant’anni hanno solo in parte mitigato. Il conduttore tv affrontò anche sette mesi di reclusione prima della scarcerazione e la successiva condanna nel settembre del 1985 a ben dieci anni di carcere. Per sua fortuna, la totale estraneità dei fatti e l’innocenza vennero appurate e dimostrate già nel settembre dell’anno successivo fino alla fine di questa vicenda kafkiana e dolorosa con l’assoluzione pronunciata dai giudici della Corte d’Appello di Napoli, sentenza poi confermata pure in Cassazione nel 1987: una gioia che l’ex europarlamentare per il Partito Radicale potè godere per poco tempo con la sua famiglia dato che verrà a mancare a un solo anno di distanza dall’assoluzione. “Io grido sono innocente” disse in quegli anni Tortora, “lo gridano le carte, lo gridano i fatti che sono emersi da questo dibattimento (…) E spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi”.