Se ci fosse ancora un Umberto Eco, qualcuno insomma che se ne capisce di linguaggio, di media, di comunicazione, avrebbe previsto quanto avvenuto al Concertone del primo maggio, quello che ormai è passato alla storia come il caso Fedez. No, non parliamo dell’attacco ai politici della Lega (comunque ben fatto, visto l’orrore di quanto detto da questi esponenti “politici”), del DDL Zan ormai usato come bandiera di lotta da una parte e dall’altra senza che nessuna delle due parti sappia spiegarne “al popolo” i veri contenuti ma per una battaglia politica che interessa solo loro, ma di come uno smartphone abbia inchiodato e distrutto quel che resta di una struttura vecchia, balbettante, incastrata nel proprio immobilismo decennale come la Rai. Una Rai che, va detto, per il Concertone si è affidata come ormai fa sempre, a una società esterna, dopo di che si è disinteressata di tutto. Esattamente come i sindacati, che ormai non hanno più alcun peso nella società civile.
L’aspetto più significativo della telefonata tra Fedez, i funzionari RAI e quelli della società in questione è il tono servile, balbettante, quasi fantozziano dei secondi. Fedez ha giocato con loro come il gatto col topo, sapeva benissimo dove sarebbe andata a parare la faccenda e ne esce benissimo a favore di smartphone. Forte dei suoi due milioni e mezzo di follower sui social, è consapevole di avere più potere lui della Rai, quanto accaduto è stato un simbolico passaggio di consegne tra un vecchio potere e uno nuovo, quello dei social, di cui la Rai evidentemente non ha ancora capito la portata. Fedez ha dimostrato di essere molto più potente lui di qualunque funzionario RAI.
Ha usato (e abusato) del suo potere, perché non è corretto divulgare una telefonata privata, ma ha vinto lui perché ha saputo tutelarsi in anteprima.
Il gesto della Rai che emette un comunicato stampa in cui dichiara vergognosa l’illazione per cui chiederebbe agli artisti di vagliare i loro discorsi mentre sta facendo proprio questo merita ben altro che questa” scorrettezza” di Fedez.
Manca un Umberto Eco capace di interpretare l’evoluzione della realtà. Adesso il panorama è ridotto a “Fedez o contro Fedez”, questo è il vero buco nel pensiero. Per non parlare del nanosecondo in cui si frantuma l’idea della sinistra. Fedez rappresenta il presente esattamente come lo rappresenta la direttrice RAI Ilaria Capitani incapace di argomentare la censura.
Chi è Fedez, sponsor di Amazon (l’azienda che costringe i suoi dipendenti a farla nella bottiglia per non interrompere il ritmo della produzione)? E’ un ragazzino che ha scoperto la politica ieri l’altro e oggi interviene all’assemblea d’istituto. E che dietro di sé ha chi lo induce a comportarsi in una certa maniera in base a calcoli commerciali. Patetiche comunque le accuse di chi lo definisce “un miliardario capitalista” e per questo non dovrebbe parlare di politica: ma Berlusconi non è un miliardario capitalista anche lui, così come Trump? E che si leggano per intero il testo di Tutto il contrario, la canzone scritta quando aveva 19 anni che non è una “sbertucciata contro i gay” perché prendeva i giro il coming out di Tiziano Ferro, ma era esattamente il contrario, una accusa contro la mistificazione della realtà (“E non è vero che hanno ucciso Aldo Moro Aveva solo la camicia sporca di pomodoro”).
Tanti studiosi e scienziati della politica da tempo vanno dicendo che la sinistra ha perso incisività perché ha spostato le sue battaglie dal terreno del lavoro a quello dei diritti civili. Ma il DDL Zan non è esattamente una battaglia per i diritti civili, è qualcosa che insegue un trend esattamente come fa Fedez dalla sua pagina Instagram, una finta battaglia politica in cui sono caduti anche i cattolici. Alla fine, ne escono sconfitti tutti.