La vicenda giudiziaria che vede imputati l’ex leader di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini e la famiglia della sua compagna Elisabetta Tulliani, con il fratello Giancarlo ed il padre Sergio, accusati di vari reati, tra i quali: associazione a delinquere e riciclaggio nell’ambito di una operazione di compravendita immobiliare a Montecarlo è arrivata ad una svolta. Nel procedimento, iniziato nel luglio 2010 è infatti nel frattempo intervenuta la prescrizione, a far decadere in particolare il pesante reato di riciclaggio, perchè è stata esclusa la transnazionalità.



Dunque il processo ora è rimandato alla prossima udienza che si terrà il 18 marzo, con la requisitoria del Pm, nel quale ora resta soltanto l’accusa di riciclaggio. La casa in questione venne acquistata sottocosto perchè svenduta dal partito, e poi rivenduta generando una plusvalenza che sarebbe stata poi spartita tra Giancarlo ed Elisabetta Tulliani, mentre l’ex leader di An disse ai magistrati di essere stato vittima di truffa.



Caso Fini-Tulliani, cade in prescrizione il reato di associazione a delinquere, resta solo l’imputazione per riciclaggio

Come ricorda il quotidiano Il Giornale, che fin dall’inizio del caso aveva pubblicato i dettagli dell’inchiesta, all’epoca l’episodio contribuì alla fine della carriera politica di Fini, che tuttavia più volte durante i processi si dichiarò innocente, scaricando le responsabilità sul cognato e affermando che la casa fosse stata venduta per l’effettivo valore. Ma durante la lunga inchiesta venne scoperto il sistema di riciclaggio ed evasione fiscale con il quale le società offshore operavano. In particolare fu coinvolta la società di Francesco Corallo considerato il re italiano delle slot machine e del gioco online, che con i soldi sottratti allo stato per imposte non pagate faceva investimenti immobiliari in territorio monegasco.



Nei prossimi processi quindi ci sarà ancora da affrontare questa questione, anche se il reato più pesante è ormai decaduto. Fini dovrà continuare a convincere i magistrati di essere stato raggirato, negando di essere a conoscenza dei piani della famiglia Tulliani, una versione che però non ha mai convinto, in quanto fin dalle prime evoluzioni dell’indagine gli inquirenti stabilirono un suo ruolo nella vicenda, considerato particolarmente “centrale e consapevole“.