La NBA riparte: i rumors che stanno rimbalzando dagli Stati Uniti sono concordi nel dire che anche chi aveva inizialmente votato per cancellare la stagione, dopo la sparatoria contro Jacob Blake, ha cambiato idea. Tra questi anche LeBron James, che come tutti i Los Angeles Lakers e i Los Angeles Clippers si era schierato contro la ripartenza: così sostiene Chris Haynes (Yahoo), mentre Shams Charania di The Athletic, uno dei principali analisti del mondo NBA, riporta il fatto che i giocatori hanno capito di dover garantire un clima di normalità per l’arrivo dei familiari nella bolla di New York, già previsto per la fine del primo turno dei playoff. Ad ogni modo non si tornerà a giocare subito: le partite che si sarebbero dovute disputare nel pomeriggio e nella serata di giovedì sono comunque state posticipate, la data per la ripresa dovrebbe essere venerdì 28 agosto e nel frattempo, come ha riportato ESPN, in giornata dovrebbe essere organizzata una riunione tra proprietari e giocatori per capire in che modo portare avanti un messaggio di giustizia sociale, anche se poi si tornerà a disputare le partite previste. (agg. di Claudio Franceschini)
JACOB BLAKE, NBA SOSPENDE LE PARTITE
È diventato virale su twitter l’hashtag #boycottNBA e non si placano le polemiche negli Usa dopo il caso choc Jacob Blake. Come vi abbiamo raccontato, i giocatori NBA hanno deciso di scioperare di fronte all’ennesimo episodio di violenza sugli afroamericani. La scelta dei Milwaukee Bucks di non scendere in campo contro gli Orlando Magic ha scatenato un effetto domino considerevole, dato che sono state rinviate anche le altre due gare in programma in serata. Ma non è finita qui: anche MLS e MLB hanno deciso di scioperare, le due leghe hanno annunciato il rinvio delle partite previste nella notte tra ieri ed oggi. Quattro le partite del campionato di calcio americano che sono state rinviate, stesso discorso per quanto riguarda il baseball. E le proteste sono destinate a proseguire, lo sport ha deciso di inviare un messaggio fortissimo di fronte all’ennesimo caso di violenza… (Aggiornamento di MB)
SCIOPERO GIOCATORI NBA PER CASO JACOB BLAKE
La NBA si ferma e, forse, definitivamente. E’ successo tutto all’improvviso: Milwaukee Bucks e Orlando Magic avrebbero dovuto giocare gara-5 del primo turno dei playoff ma, circa un’ora prima della partita, sono emerse voci circa un boicottaggio da parte della franchigia del Wisconsin. Particolarmente toccata dall’ultima vicenda, quella del ferimento di Jacob Blake: è questo il caso scatenante, basti pensare che il luogo della sparatoria dista circa 45 minuti dal Fiserv Forum, il palazzetto della squadra. La decisione è stata poi confermata, ma è successo altro: a non scendere sul parquet di Disney World, dove la NBA ha proseguito la sua stagione post-lockdown, sono state anche le altre quattro franchigie che avrebbero dovuto giocare nella notte italiana. Los Angeles Lakers, Portland Trailblazers, Houston Rockets e Oklahoma City Thunder hanno scioperato: la decisione ha avuto ripercussioni immediate sull’altro evento che si sta tenendo negli Stati Uniti, ovvero il torneo di tennis a Flushing Meadows (che in realtà sarebbe quello di Cincinnati, ma è stato spostato per misure sanitarie e comodità, visti gli imminenti Us Open). Atp, Wta e Usta, con una nota congiunta, hanno dichiarato una giornata di sciopero e dunque le semifinali, nella migliore delle ipotesi, slittano a venerdì.
CASO JACOB BLAKE, LA NBA SI FERMA
Intanto nel mondo della NBA è caos: secondo le prime indiscrezioni, nella notte si sarebbe tenuta una riunione con tutte le squadre ancora in corsa nei playoff (sono 13: Indiana, Brooklyn e Philadelphia sono già state eliminate) per decidere se proseguire o meno la stagione. A quanto è trapelato ci sarebbe stato parere quasi unanime: si prosegue. Tuttavia le due franchigie di Los Angeles avrebbero espresso parere contrario, tanto che LeBron James avrebbe abbandonato la riunione particolarmente contrariato; nel frattempo sono già arrivate alcune dichiarazioni ufficiali, a mezzo ovviamente social network. George Hill, playmaker di Milwaukee, si è interrogato sul senso dei playoff NBA mentre nel Paese continuano episodi a sfondo razziale, ma dalle sue parole sembra comunque trapelare la volontà di andare avanti. Nettamente più duro Donovan Mitchell, stella degli Utah Jazz che sta dominando la serie contro Denver: il numero 45 ha scritto letteralmente “si f*ttano i playoff” e ha parlato di situazione “schifosa”, palesando dunque l’intenzione di non giocare più. Gli ha fatto eco, in maniera diversa, JR Smith: acquistato dai Los Angeles Lakers nel corso del lockdown, ha postato un eloquente “Non ci sentite? Ora non ci vedete nemmeno”, chiaro riferimento allo sciopero e alle partite cancellate.
Per Adam Silver, Commissioner della NBA, è una bella gatta da pelare. A metà marzo la Lega era stata costretta a fermarsi per la pandemia di Coronavirus, dopo quattro mesi e mezzo si è deciso di riprendere l’attività trasferendo l’intera struttura in Florida, nella bolla di Disney World, ma nel frattempo l’uccisione di George Floyd per mano di un agente di polizia di Minneapolis – e le conseguenti proteste del movimento Black Lives Matter – ha gettato un’ombra sullo sport americano, “costringendo” di fatto la NBA alla possibilità di apporre messaggi a tema sulle divise dei giocatori (c’è comunque chi non lo ha fatto, vedi LeBron o Kawhi Leonard). Si è ricominciato a giocare, e adesso il caso Jacob Blake minaccia nuovamente di chiudere la baracca: questa notte sono in programma tre partite, tra cui gara-1 di Toronto-Boston che è la semifinale della Eastern Conference, ma a questo punto è lecito affermare che anche il programma odierno sia del tutto in dubbio. Da vedere quello che succederà e cosa la NBA deciderà di fare; intanto Bill Russell, uno che non ha bisogno di presentazioni (basti dire che il premio di MVP delle Finali è intitolato a lui) ha scritto un messaggio per esprimere tutto il suo appoggio allo sciopero. “Sono commosso da come l’intera NBA si sta esponendo per quello che è giusto”: lui però, che ha vissuto in prima persona l’era delle lotte per i diritti civili dei neri, all’epoca non si era mai rifiutato di giocare.