Il patriarca di tutte le Russie ha deciso di fare carriera. Da chierichetto di Putin, come l’aveva definito Papa Francesco, ha deciso di diventare il suo parroco. E ha cominciato a benedire i soldati che stanno per andare in guerra, un po’ meno quelli che stanno fuggendo all’estero per non farla.
Ma siccome una semplice benedizione non basta, il nostro (si fa per dire) parroco di Mosca ha voluto aggiunge, alle sue preghiere, l’assicurazione del Paradiso. Non è chiaro se il Patriarcato stia già distribuendo, a chi parte per la guerra, quelle icone pettorali che i soldati russi tradizionalmente portavano sotto la giubba, un po’ per devozione, un po’ per protezione dalle pallottole del nemico.
Il fatto è che, nonostante l’enfasi con cui qualche giornale ha riportato la notizia dell’iniziativa del patriarca, oggi come oggi la sua autorevolezza equivale a quella che, in campo sportivo, può avere l’autista del pullman di un club.
La Russia del dopo Unione Sovietica non è quel Paese devotissimo alla religione che qualcuno si immagina. I russi a Messa non ci vanno, anche perché ci si ostina a celebrarla in “staroslavo”. Al massimo, qualche volta, ci vanno per accendere una candelina perché si sa, purché lo Spartak possa qualificarsi per la Champions bisogna provarle tutte.
Del resto sono state una minoranza di famiglie quelle che hanno scelto la possibilità che i loro figli potessero frequentare l’ora di religione. Invece si stanno sempre più diffondendo quelle di filosofia, anche in versione popolare, che propongono il neo-paganesimo slavo come la nuova religione della nazione. In questo senso, solo in questo senso, forse non si sbagliava chi diceva che “la religione è l’oppio dei popoli”. Oddio, qui, più che oppio, sembrerebbe che questa religione sia più simile all’eroina, una droga che, per quanto ne so, eccita e ti fa perdere il senso della realtà.
Caro Kirill (e quando dico caro so quello che ci costi, come spesso mi diceva mio padre) se tu non avessi perduto l’occasione di incontrare Papa Francesco ad Astana, forse avresti potuto capire che, in questo mondo globalizzato, scristianizzato, il vostro compito è, innanzitutto, quello di ricominciare, umilmente ad evangelizzare il popolo. E non solo facendo grandi proclami di principio, ma soprattutto proponendo esperienze vive di vita cristiana.
Anche noi abbiamo un gran bisogno di queste esperienze e perciò anche quello che ti stiamo dicendo non vuole essere una lezione di vita, ma un consiglio di chi, nonostante tutto, condivide con te la responsabilità di tenere viva la fede. Quella vera.
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