Partendo dal caso di Laura Massaro, mamma accusata di alienazione parentale e che per questo ha rischiato di perdere suo figlio, nel corso della conferenza stampa tenuta da Veronica Giannone alla Camera dei deputati è stato affrontato il delicato problema dei percorsi di vittimizzazione delle donne nei tribunali italiani. La denuncia è chiara e sottolinea come ciò che non va nel sistema porta a processo proprio le vittime di violenza. Il caso di Laura Massaro non è il solo esistente ed anzi ha aperto la strada ad una presa di coscienza e ad una battaglia che si preannuncia lunga e per nulla semplice. Nel procedimento per l’affidamento del figlio, l’avvocato della mamma coraggio denuncia un forte pregiudizio contro le donne nei tribunali: “Se in un procedimento per la separazione non si prendono in considerazione neanche i certificati di pronto soccorso che attestano le violenze, anzi si dice che questi certificati sono a volte strumentali, o addirittura che le ferite sono autoindotte, allora io mi domando: ma come fa una vittima di violenza a non essere accusata di false denunce? Cioè dovrebbe girare con la telecamera dentro casa?”, si domanda il legale. Lo stesso ha ribadito come i medesimi comportamenti se accadono in strada sono condannati, a differenza di quelli che accadono tra le mura domestiche, dove vengono bollati come “conflittualità generica” e non come aggressione.



CASO LAURA MASSARO, ALIENAZIONE PARENTALE: UN’ARMA PER UOMINI VIOLENTI?

Ciò, come evidenzia Nadia Somma, attivista del centro antiviolenza Demetra, commentando il caso sul Fatto Quotidiano, contribuisce ad incoraggiare le donne che subiscono violenze a rendere noti i maltrattamenti. Gli stessi tuttavia diventano una loro colpa durante le cause di separazione e per l’affido dei figli. Al fine di dimostrare l’assenza di conflittualità, sono poi gli stessi avvocati e assistenti sociali a consigliare di ritirare la querela affiche non siano i figli a rimetterci e, spaventate, le donne lo fanno. Esattamente quanto accaduto a Laura Massaro: “ho ritirato le querele per stalking e appena l’ho fatto sono diventata la mitomane che inventava violenze”, ha dichiarato. Oggi la donna deve rispondere di alienazione parentale. I nomi usati per definire ciò sono numerosi: madre adesiva, sindrome di Munchausen per procura, madre assorbente, madre simbiotica, madre malevola, conflitto di lealtà. Ma tutto ciò, spiega Somma, finisce per diventare “l’arma perfetta in mano a uomini violenti”. Dopo la sentenza la Massaro è stata presa di mira sui social. Nei mesi scorsi ha creato il Comitato donne vittime della violenza istituzionale: “Continuiamo a ricevere segnalazioni da parte di donne che, dopo aver subito violenza, si sono visti togliere i figli, affidati in via esclusiva a padri violenti dopo che è stata formulata l’accusa di alienazione parentale”. Lo scorso 3 gennaio la Corte d’Appello ha annullato il decreto di allontanamento coatto del figlio e la collocazione presso il padre. Sull’argomento è intervenuta anche la Boldrini che ha tuonato: “Dietro la alienazione parentale c’è solo misoginia e voglia di restaurazione da parte di chi vuole mettere le donne al loro posto”.

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