Il processo a carico di Emanuela Maccarani, allenatrice delle Farfalle azzurre della ritmica, e della sua collaboratrice Olga Tishina si è chiuso il 29 settembre scorso davanti al Tribunale federale della Fgi (Federazione ginnastica d’Italia) con una sentenza che ha stabilito l’ammonizione della prima e l’assoluzione della seconda. Un “cartellino giallo” per Maccarani, la minima pena inflitta dalla giustizia sportiva, che di fatto la scagiona dalle accuse di aver voluto arrecare un danno alle atlete con presunti abusi psicofisici dietro le quinte delle competizioni.



A un anno dall’esplosione del caso che, come un terremoto, ha scosso la ginnastica tricolore dopo le rivelazioni delle ex ginnaste Nina Corradini e Anna Basta, la ct è stata soltanto ammonita perché, si legge a pagina 18 delle motivazioni della sentenza, le frasi denunciate come offese non sarebbero state pronunciate per danneggiare le atlete, ma per incitarle al massimo impegno: “Per quanto riguarda i motivi che hanno determinato l’infrazione, si deve ritenere che le espressioni utilizzate – ancorché offensive – non siano state mosse dall’intenzione di arrecare danno, ma al fine di incitare le atlete ed ottenere un maggior impegno negli esercizi. Tale conclusione appare suffragata dalla circostanza che le atlete, che più di altre venivano fatte oggetto di tali parole, erano quelle che la sig.ra Maccarani voleva rientrassero in prima squadra a seguito di infortuni, previo recupero di una migliore forma“.



Ammonizione per Maccarani, le motivazioni della decisione del Tribunale federale

Il Tribunale federale, si legge nel documento, era chiamato a giudicare in relazione alle accuse mosse contro “Emanuela Maccarani in qualità di direttrice tecnica della Nazionale di ginnastica ritmica e Olga Tishina quale tecnica della Nazionale di ginnastica ritmica” che “omettendo di richiedere supporto alla Federazione per la gestione della alimentazione delle ginnaste” avrebbero adottato “metodi formativi e di allenamento non conformi ai doveri di correttezza e professionalità, in particolare esercitando in maniera impropria e ossessiva la gestione del peso delle ginnaste, operando un controllo quotidiano e, a fronte di variazioni di peso di modesta entità, ponendo in essere pressioni psicologiche, in particolare commentando con frasi offensive del tipo ‘guarda che sedere ti ritrovi’, ‘dimagrisci ancora un po’ e il cu*o forse passa dentro il cerchio’, ‘prosciutto alzati da terra’, ‘sei cicciona con quella faccia da ca**o che ti ritrovi’ (Maccarani), ‘sembri un maialino’, ‘la pancia cresce’, ‘come fai a guardarti allo specchio’, ‘ma cosa hai mangiato guarda cosa ti ritrovi dietro’ (Tishina) e simili, alla presenza di tutte le atlete proseguendo nella predetta condotta anche nel corso degli allenamenti nei confronti delle atlete giudicate fuori forma, provocando così in alcune di queste ultime l’insorgere di disturbi alimentari e psicologici“.



Secondo il Tribunale della Federginnastica, che avrebbe poi assolto Tishina perché il fatto non sussiste, non c’è prova che le condotte ascritte all‘allenatrice delle Farfalle azzurre, sebbene “sopra i limiti”, abbiano provocato i problemi denunciati  da alcune ginnaste. “Nel caso di specie – proseguono le motivazioni della sentenza –, si deve ritenere sussistano indizi gravi, precisi e concordanti a carico della sola sig.ra Emanuela Maccarani, con esclusione della sig.ra Olga Tishina, in merito al fatto che la prima abbia utilizzato in talune circostanze, nel corso degli allenamenti, un linguaggio non consono al ruolo ricoperto rivolgendo frasi offensive alle ragazze da lei allenate (…). Non vi è ragione alcuna di dubitare che la sig.ra Maccarani abbia in più occasioni superato i limiti di correttezza e rispetto imposti dalla normativa federale, pur nella considerazione del contesto in precedenza delineato“. Sull’insorgenza di disturbi alimentari, dal Tribunale federale la seguente lettura: “Evidentemente nello sport praticato a livello di eccellenza l’eventualità che insorgano problemi di gestione del peso e disturbi alimentari è tutt’altro che remota. Tuttavia, non vi è alcun elemento che dimostri l’esistenza di un nesso eziologico tra le espressioni utilizzate dalla sig.ra Maccarani ed i malesseri subiti da alcune atlete“. Nel documento del Tribunale federale si parla inoltre di contraddizioni nelle testimonianze di alcune atlete, in particolare “dichiarazioni contraddittorie di quelle che inizialmente, innanzi alla Procura federale, avevano negato l’utilizzo da parte della sig.ra Maccarani di espressioni inopportune, per poi invece ammetterlo innanzi alla Procura della Repubblica di Monza o nel corso del dibattimento“.

Per quanto riguarda il contesto in cui sono avvenuti i fatti, si legge ancora nelle motivazioni della sentenza, “tecnica e atlete, al momento della commissione dell’infrazione da parte della sig.ra Maccarani, trascorrevano insieme, presso l’Accademia di Desio – perlomeno – otto ore al giorno di allenamento, per sei giorni su sette, praticamente per tutto l’anno e per più stagioni sportive consecutive” e tale quotidiana frequentazione, “finalizzata al raggiungimento dei più alti traguardi sportivi, determina – inevitabilmente – momenti di elevato stress che possono condurre più facilmente al superamento dei limiti lessicali consentiti. Alla luce di quanto fin qui esposto – conclude il Tribunale federale –, si ritiene adeguata l’irrogazione, alla sig.ra Maccarani, della sanzione dell’ammonizione“.