Sono passati poco più di cinque anni dalla misteriosa scomparsa di Mario Bozzoli, l’imprenditore di Brescia del quale si persero le tracce l’8 ottobre 2015 da Marcheno. Da ieri è iniziato ufficialmente il processo davanti alla corte di Assise di Brescia e che vede come unico imputato il nipote Giacomo Bozzoli, accusato dalla procura di omicidio premeditato e distruzione di cadavere. Un processo particolarmente atteso, soprattutto per l’assenza di un corpo della vittima. In un primo momento si era ipotizzato che l’imprenditore sarebbe stato gettato in un forno della fonderia Bozzoli di cui il fratello Adelio era titolare. Solo il 10 dicembre scorso si è tenuta l’udienza in cui Giacomo Bozzoli è stato rinviato a giudizio, mentre la procura ha avocato l’inchiesta nei confronti del fratello Alessandro e di due operai, le cui posizioni come rammenta BrasciaOggi.it sono state archiviate.



Il processo sulla morte di Mario Bozzoli è iniziato con la testimonianza di quattro ufficiali di polizia giudiziaria. La famiglia della vittima, ovvero la moglie ed i due figli, si è costituita parte civile. Per la sentenza di primo grado occorrerà attendere almeno un anno dal momento che il presidente della Corte d’Assise, Roberto Spanò, ha previsto tra 20 e 25 udienze oltre al sopralluogo in azienda.



CASO MARIO BOZZOLI: INIZIATO IL PROCESSO

Il processo per l’omicidio di Mario Bozzoli si svolgerà senza telecamere, autorizzate solo nella prima udienza che vede imputato Giacomo Bozzoli. La difesa, come riferisce Giornale di Brescia nell’edizione online, ha spiegato: “Dopo cinque anni di indagine è positivo che ci sia la stampa. Non è opportuno che vengano riprese le udienze perché le riprese possono turbare la serenità di chi dovrà parlare”. In aula ieri, oltre alla presenza dell’imputato vi era anche la famiglia della vittima, compresi il fratello e la sorella dell’imprenditore scomparso che però non si sono costituiti parte civile. Proprio la difesa dell’unico imputato ha ritenuto che “è pacifico che Mario Bozzoli sia scomparso, ma non ci sono prove che è morto e tantomeno che è stato ucciso”. A replicare è stata la moglie di Bozzoli, Irene Zubani, che ha commentato: “Sentirsi dire che non ci sono prove che mio marito è stato ucciso lascia senza parole. È un dolore che non riesco ad esprimere”. Per la donna, “La memoria di mio marito merita rispetto. Non stiamo parlando di allontanamento volontario, ma di un omicidio. Mario era un padre di famiglia premuroso, un ottimo marito, una persona sempre disponibile nei confronti di chi aveva bisogno di lui. Non ammetto e non permetto che la sua memoria venga infangata”.



La vicenda di Mario Bozzoli è strettamente connessa a quella di Giuseppe Ghirardini, operaio della fonderia e scomparso sei giorni dopo la sparizione dell’imprenditore. Ghirardini fu poi ritrovato senza vita a Case di Viso, in Valle Camonica, con un’esca al cianuro nello stomaco. Per questo caso era finiti sotto inchiesta ancora Giacomo e Alessandro Bozzoli. I legali della famiglia dell’operaio hanno presentato opposizione alla richiesta di archiviazione dell’inchiesta poichè non credono all’ipotesi del suicidio.