Paolo Persichetti, l’ex brigatista che partecipò al sequestro di Aldo Moro, è accusato di aver contribuito attivamente alla fondazione di un’associazione sovversiva, operante, secondo le accuse, già dal 2015. La stessa sarebbe stata fondata allo scopo di compiere atti di terrorismo e di fornire qualsiasi tipo di supporto per la realizzazione di attentati. Secondo l’agenzia di stampa AdnKronos infatti, Francesco Romeo, avvocato difensore dell’ex membro delle Brigate Rosse, ha dichiarato: “L’accusa di associazione sovversiva è chiaramente un’accusa fantasiosa e costruita a tavolino. Oltre a non esservi alcuna prova concreta del fatto che esista realmente un’associazione di questo genere, la stessa non avrebbe compiuto alcun atto. È una cosa fuori dal mondo”.



L’avvocato Romeo ha dichiarato inoltre: “La ricerca storica in uno Stato democratico e repubblicano non deve e non può essere un affare di polizia”. Il difensore ha sollevato inoltre il dubbio circa la legittimità circa il sequestro di alcuni beni del Persichetti. I sospetti nei confronti di Persichetti, restano corroborati dal suo ruolo di ex brigatista.



Caso Moro: i fatti raccontati 43 anni dopo

Sono passati ormai 43 anni da quel maledetto 9 maggio 1978, giorno in cui, nell’ultima, agghiacciante telefonata delle Brigate Rosse, uno dei sequestratori parlava così al prof. Tiritto: “Adempiamo alle ultime volontà del presidente comunicando alla famiglia dove potrà trovare il corpo dell’onorevole Aldo Moro. Allora lei deve comunicare alla famiglia che troveranno il corpo dell’onorevole Aldo Moro in via Caetani, che è la seconda traversa a destra in via delle Botteghe Oscure. Va bene?”. Sfortunatamente, quella telefonata diceva il vero ed il corpo dell’ex presidente della Democrazia Cristiana fu infatti ritrovato proprio in Via Caetani, dentro il baule aperto di una Renault 4 rossa.



Il cadavere, ripiego su se stesso, portava su di sé oltre ai fori di proiettile che gli diedero la morte, anche i segni di quei terribili 55 giorni di prigionia, cui il presidente fu sottoposto in via Montalcini, vicino alle abitazioni di alcuni boss appartenenti alla famigerata Banda della Magliana. I familiari e gli amici più cari del presidente Aldo Moro non smisero mai di implorare i rapitori per la sua liberazione. Purtroppo, le loro suppliche non furono accolte …