Luigi Zanda non crede al racconto fatto da Claudio Signorile, vicesegretario del Psi ai tempi del rapimento di Aldo Moro che a Report ha riferito di una telefonata rimasta segreta con la quale Francesco Cossiga venne avvisato del ritrovamento del corpo dello statista della Dc. «Premesso che sono fatti avvenuti 46 anni fa, e io non ero presente all’incontro con Signorile, non ricordo che Cossiga sia stato informato dalla polizia qualche ora prima rispetto a quando ne fu data notizia pubblica. A mia memoria questo lungo intervallo di alcune ore, non ci fu», spiega l’ex portavoce dell’allora ministro dell’Interno a Repubblica. Inoltre, crede che «sarebbe stato molto difficile tenere segreta una informazione così rilevante, necessariamente circolata tra molte persone». Zanda ricorda che Signorile ne ha parlato anche alla commissione parlamentare d’inchiesta su Aldo Moro presieduta da Beppe Fioroni, «ma la sua deposizione non ha avuto seguito». Quel giorno Zanda era nel suo ufficio del Viminale, non con Cossiga. «Ricordo che fui informato da un collaboratore che era stata ritrovata l’auto con il corpo di Moro. Cossiga andò subito in via Caetani».



Seguirono rapidamente una serie di fatti fino alle dimissioni di Cossiga, che erano state già decise con una lettera scritta sin dal sequestro. Nell’intervista Zanda precisa che non ci sarebbe stato il coinvolgimento dei servizi segreti inglesi. «Cossiga mi disse più volte che in quei 55 giorni di sequestro nessun servizio segreto di nessun Paese, alleato o no, aveva concretamente aiutato l’Italia né con informazioni, né con investigazioni». D’altra parte, ha ipotizzato «non solo nell’omicidio di Moro, ma durante tutto il terrorismo» che l’Italia «fosse monitorata dai servizi segreti di molti Paesi stranieri, che però non avevano nessuna intenzione di esporsi collaborando con l’Italia, per la preoccupazione di restare coinvolti in una vicenda di enorme gravità».



“LEGAME TRA DELITTO MORO E ATTENTATI WOJTYLA E BERLINGUER”

La verità sul delitto di Aldo Moro secondo Luigi Zanda può arrivare aprendo gli archivi delle diverse potenze che si occupavano del terrorismo internazionale. A Repubblica cita «Stati Uniti, Urss, ma anche Germania, Francia, Inghilterra e, certamente, Israele», in quanto «i delitti politici di quegli anni hanno a che fare con le tensioni della guerra fredda». Per l’ex portavoce dell’allora ministro dell’Interno potrebbe esserci un legame tra l’omicidio di Moro e gli attentati a Wojtyla e Berlinguer. «Era un disegno di destabilizzazione. Moro, Berlinguer, Wojtyla furono importanti uomini di dialogo, che l’Urss non poteva non considerare pericolosi per gli equilibri del suo impero. Dai tempi dell’Urss fino a Putin, l’assassinio degli avversari politici anche all’estero, è stato un modus operandi di servizi collegati all’est».



Comunque, Zanda non ha mai nutrito dubbi sul comportamento di Cossiga sul sequestro Moro: «Può avere compiuto errori, ma ha fatto tutto ciò che poteva per liberare Moro. Sono testimone dei rapporti più che affettuosi tra Moro e Cossiga». Per Zanda «il pensiero che per salvare Moro si potesse fare di più e meglio, è un chiodo fisso nella mia mente e mi accompagnerà fino all’ultimo giorno».

SIGNORILE REPLICA: “PERCHÈ COSSIGA NON MI HA SMENTITO?”

Non è tardata ad arrivare la replica di Claudio Signorile, il quale sempre a Repubblica rimarca che «Cossiga era vivo e non fui mai smentito né corretto». Il vicesegretario del Psi ai tempi del rapimento di Aldo Moro non ricorda se fu il prefetto o il questore a chiamare Cossiga, ma ribadisce che l’anticipo della notizia, rispetto alla nota telefonata del brigatista che comunicò il luogo del ritrovamento, è un fatto rilevante perché «significa che il discorso non è stato limpido o trasparente. A me colpì sentire parlare dall’apparecchio di una “nota personalità ritrovata”, con quel gergo burocratico». In realtà, quella telefonata non lo sorprese, di anomalo c’era «la richiesta di un incontro che mi fece Cossiga per quella mattina, io andai dall’allora ministro degli Interni nella convinzione che anche da parte sua e di tutta la Dc si volesse aprire una nuova fase, altrimenti che senso aveva, non avevamo altro di cui parlare». Signorile ricorda che nell’area brigatista c’era una componente che voleva chiudere politicamente la faccenda con la liberazione, ma vinse l’ala violenta. «Sempre il giorno prima della morte di Moro, chiamai Craxi dal telefono della mia auto. Ero ben cosciente che sarei potuto essere intercettato. Ma lo avvertii che Fanfani era d’accordo ad aprire alla trattativa, che insomma la nostra azione umanitaria si stava concretizzando. Forse questo segnò un punto di non ritorno».

L’ipotesi di Signorile è che qualcuno dei servizi possa aver avvertito l’altra ala delle Br. «Penso che sì, ci sia stato un esito imposto dall’esterno, ne sono convinto. C’è un momento in cui viene impedito che si manifesti la svolta politica con un atto di violenza, quindi con l’uccisione. Se non si capisce il contesto di quegli anni non si comprende l’intreccio tra grande politica internazionale e terrorismo. Quanto ai servizi inglesi, avevano il coordinamento del Mediterraneo, la loro è una presenza documentata, anche qui nulla di nuovo». Il fatto è che non si volevano comunisti al governo: «La tempistica del rapimento di Moro dice tutto. Probabilmente quel novembre del ’78 i comunisti sarebbero entrati nel governo. Berlinguer voleva sanare la ferita del ’48, cioè l’estromissione del Pci voluta dagli Stati Uniti».