Ci risiamo. Nulla è servito e nulla servirà a modificare lo stato delle cose soprattutto se la tanto agognata materia è quella finanziaria. Le cosiddette lezioni di vita dovrebbero servire a questo. Un rimando a una celebre frase, un monito privo di conflitto di interesse, un suggerimento. Nulla. Tutto è stato vano e lo sarà ancora innumerevoli volte, inutile scommetterci perché accadrà e, pertanto, oggi, saremo brevi. Nelle ultime 24 ore le principali cronache finanziarie hanno riportato il significativo crollo borsistico del colosso statunitense Nvidia con l’inevitabile e conseguente debacle sui listini azionari a stelle e strisce. Una flessione per quest’ultimi che, come già accaduto in precedenza in un caso analogo, avevamo ritenuto fosse stata una caduta senza “veri” presupposti. “Nvidia non è il mercato” questo era il nostro incipit al consueto approfondimento settimanale e, non soddisfatti, rincaravamo la dose con una sottolineatura seppur banale ma non troppo scontata: “Un solo titolo non è il mercato. Quindi, investire sull’onda dei risultati record di una singola azione può portare a scelte di cui poi pentirsi”.
Da quel non troppo lontano febbraio il titolo Usa Nvidia ha proseguito la sua corsa passando dai precedenti 77 dollari fino all’impensabile approdo agli oltre 140 dollari ad azione sul finire di giugno. Di fatto, si parla di soglie di prezzo ben oltre ogni aspettativa (un quasi raddoppio in soli quattro mesi) che, successivamente, hanno registrato un fisiologico ridimensionamento (90 dollari ad inizio agosto) fino all’attuale area in corrispondenza di quota 105.
Come spesso accade, però, il mercato vuole e pretende sempre di più come, infatti, è recentemente accaduto in occasione della pubblicazione (la settimana scorsa) dei dati trimestrali del colosso americano che, seppur beneficiando di un utile per azione e un fatturato meglio delle attese, ha visto una immediata e pesante flessione del titolo. In queste ultime ore, però, la causa alla base del flop borsistico è molto diversa. Non si tratta di numeri o previsioni poco allettanti, ma, bensì, di un verosimile alert proveniente dalle autorità: “L’antitrust accende un faro su Nvidia e altri chipmaker per capire se stanno abusando della propria posizione di forza allo scopo di limitare la possibilità dei clienti di ricorrere ad altri fornitori” (Ansa). Ovviamente, la reazione del mercato non è mancata e, in un circoscritto arco temporale, il sopracitato titolo azionario capofila del “settore chip & co” ha registrato un epilogo negativo di poco inferiore alla doppia cifra. I restanti e adiacenti listini di appartenenza americani? Quasi inutile riportarlo: negativi anch’essi con flessioni di oltre i due punti percentuali.
In ottica futura, se a tale correlazione ci dovessimo uniformare, le prospettive potrebbero non essere rosee. Dalla platea degli investitori ed osservatori internazionali si percepisce un vero e proprio scetticismo misto a perplessità sulle effettive potenzialità di continua ed (ormai) inesauribile crescita del big tech Usa Nvidia. La stessa compagna di viaggio Intel non gode di ottima salute e, se a tutto ciò dovessimo aggiungere il recente dato (negativo) dell’indice PMI manifatturiero, un serio rallentamento non può essere escluso.
Guardando al recente passato, “il caso Nvidia”, sembra poter riportare alla mente le gesta della mai dimenticata moda dell’altro importante colosso Tesla. Oggi, paradossalmente, non se ne sente più parlare come allora, ma, ne sovviene ancora il ricordo intravvedendo qualche modello di automobile viaggiare sulle nostre strade. Oggi, instancabili, lo vogliamo ripetere e ribadire. “Nvidia non è il mercato” e “Un solo titolo non è il mercato”. “Una singola azione può portare a scelte di cui poi pentirsi”. Tutto questo il mercato lo sa e attende una nuova stella. “Penitenziagite!” (cit. Il nome della rosa).
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