Proseguono le polemiche sul caso Paragon, il software militare in grado di intercettare messaggi e telefonate entrando negli account utenti. Dopo la denuncia di Luca Casarini, attivista e fondatore della Ong Mediterranea Saving Humans che parlerà della vicenda anche alla trasmissione Piazza Pulita, iniziata con la scoperta di un accesso al suo telefono, risalente a febbraio 2024, poi confermato tramite una indagine civile condotta dalla società canadese The Citizen Lab , il dibattito diventa ora politico. Le accuse di Casarini infatti sono state nei confronti del governo, che avrebbe spiato sia lui che gli altri membri dell’organizzazione per cercare informazioni, presumibilmente, secondo la tesi dell’ex leader dei no global, per schedare i rifugiato o creare dei dossier.
Mediterranea ha chiamato in causa direttamente la Polizia penitenziaria e i servizi segreti come responsabili della vicenda, aggiungendo anche che nella stessa operazione sarebbero stati spiati anche giornalisti e politici. Il Ministro Nordio, dopo giorni di silenzio sulla vicenda ha risposto all’interrogazione parlamentare il 19 febbraio negando qualsiasi coinvolgimento delle istituzioni, affermando che: “Nessuno è stato intercettato dalla polizia nel 2024“.
Caso Paragon, Luca Casarini: “Attivisti Ong intercettati per avere informazioni sui migranti in Libia”
L’attivista della Ong Mediterranea Luca Casarini ha pubblicato i dati dell’inchiesta privata sul caso Paragon, che ha confermato la presenza del software di spionaggio installato sul suo telefono già a partire dai primi mesi del 2024. Il team di ricerca dell’Università di Toronto, che lavora per The Citizen Lab avrebbe scoperto il meccanismo del protocollo seguito da tutte le intercettazioni, dimostrando che l’invio di informazioni risalirebbe non ad un semplice strumento di spyware, ma ad un software di tipo militare chiamato Graphite.
Un sistema tecnologico molto avanzato che può essere utilizzato soltanto da agenzie governative. Ora sono in molti, soprattutto tra i membri dell’opposizione a cercare le risposte ufficiali dichiarando anche che la libertà di stampa potrebbe essere a rischio. Casarini rilancia le accuse dichiarando come riporta il Corriere della Sera: “Le vere vittime non siamo noi di Mediterranea, ma i migranti con cui sono in contatto dentro i lager libici, prima di tutto al carcere di Mitiga, guarda caso quello guidato da Almasri, che il governo italiano ha prima catturato e poi rispedito serenamente in Libia“.