I probiviri del Movimento 5 Stelle hanno espulso il senatore Luigi Paragone, che ha sparato a zero contro Di Maio e l’attuale leadership (“i probiviri sono il nulla guidati da uno che è il nulla”) e minacciato di ricorrere alla giustizia ordinaria. M5s è sempre più diviso, ma qualcuno, nella maggioranza e non solo, pensa di trarne vantaggio, spiega al Sussidiario Jacopo Iacoboni, giornalista politico de La Stampa, esperto del fenomeno pentastellato, al quale ha dedicato i suoi due ultimi libri e numerose inchieste.
“Paragone? Io non penso che andrà nella Lega; direi, per ora, in direzione sovranista. Poi tutto è possibile. Al momento è l’opzione prevalente”.
Perché prevalente?
Mi pare un fatto: le uscite da M5s, obbligate o dettate da una scelta personale, al momento sono quattro in direzione sovranista (Ugo Grassi, Francesco Urraro, Stefano Lucidi e da ultimo lo stesso Paragone, ndr) e una – quella di Fioramonti – verso sinistra.
Paragone dice di essere rimasto fedele alla posizione originaria di M5s. Ha ragione?
Sì, è stato coerente. Non significa che io sia d’accordo con lui, ma ha una sua coerenza, almeno: merce rarissima in un gruppo 5s in cui ormai l’opportunismo e il trasformismo la fanno da padrone. Sono loro che cambiano idea, non Paragone o Di Battista. I probiviri dicono di averlo cacciato per il voto sulla finanziaria, ma è un’accusa che non sta in piedi. Paragone non ha votato la legge di bilancio in polemica con alcuni cambi di direzione, dalla politica europea al Mes. Sono gli stessi temi su cui il M5s ha fatto la campagna elettorale in questi 3-4 anni. Fino all’estate scorsa.
Cioè fino al Conte 2. Che cosa sta succedendo?
È in atto il tentativo di pilotare artificiosamente (con una manovra di apparati e pezzi di sistema cui il Pd si presta) il Movimento 5 Stelle, o almeno una parte degli eletti, verso Conte. Quantificarli non è facile, al momento. Secondo me non sono così tanti.
I motivi?
Tutto dipende dalla nascita del Conte 2, che come sappiamo è stata un’operazione a più mani: vi si è arrivati per una serie di spinte prodotte da diversi fattori e diversi ambienti, anche istituzionali. Quegli ambienti guarderebbero con favore alla formazione di un partito di Conte. Compresa una parte del Pd.
E quale sarebbe l’obiettivo della gamba contiana?
Recuperare, grazie a un gruppo di parlamentari pro-Conte, una parte di elettori 5 Stelle non sovranisti e portarli ad allearsi con il Pd mediante un’alleanza della nuova formazione con i Dem. Del resto non è l’ineffabile Zingaretti ad aver definito Conte “un punto di riferimento di tutti i progressisti”? La cosa fa obiettivamente ridere, detta del premier dei decreti Salvini, il giurista che disse “il sovranismo è nella Costituzione”, che fece ciao ciao con la manina a Trump nella speranza di essere salutato, o che nel primo discorso in aula disse che bisognava aiutare la società civile della Russia. Però dobbiamo prendere sul serio quella frase di Zingaretti. Fioramonti mi pare una piccola pedina interna a questa operazione, comicamente trasformato dai media in un quasi statista pure lui. Il punto è quanti voti prende questo nuovo partito.
Tu cosa dici?
Per me, pochi. Prendendo con le pinze i sondaggi che circolano, M5s è accreditato del 17% circa. Ma il brand “Conte” rischia di non vederne nemmeno la metà. Non facciamoci fuorviare dal gradimento del capo del governo, che quando è intorno al 40-45% è nella norma. Anzi, bassino.
Ma nei 5 Stelle qual è la posizione prevalente?
Vedo più corposa la parte incline al sovranismo. Di sicuro nell’elettorato. Si tratta di un sovranismo grillino, sui generis fin dal principio. È quello di Di Battista, Lezzi, di tanti eletti al Sud, dello stesso Paragone. La loro è una posizione almeno minimamente coerente e più lineare dell’altra, di quella che guarda a sinistra, per capirci.
E a tutti costoro non va bene come sta facendo Di Maio.
Qui sta il problema. Di Maio è affine a Di Battista e gli si è anche riavvicinato, ma è pur sempre un “governista”. Ciò nonostante, resta lontanissimo dalle operazioni del “ConteCasalino”.
Scritto come fai tu, senza spazio o trattino in mezzo?
Sì, perché i due sono un’entità unica, aliena da Di Maio. E quest’ultimo con Conte non ce lo vedo proprio più.
Fico con chi sta?
Mi pare finito in una falsa posizione. Fico è un lealista di Casaleggio. Era quello di sinistra, ma a modo suo lealista.
Casaleggio quanto conta? Sulla Stampa hai scritto che l’azienda farmaceutica Gilead ha pagato una sua ricerca sulla sanità digitale.
È così. Un rapporto economico legittimo, ma lo schema è chiaro. M5s è controllato da Davide Casaleggio attraverso l’Associazione Rousseau, dati, iscritti, piattaforma, tutto. E Davide, che è anche il proprietario della Casaleggio Associati, gode de facto del potere che gli deriva da un movimento politico per sviluppare relazioni economiche. È quella la “rete” che conta. Per me è in grave conflitto d’interessi. Sul resto, giudicheranno altri. Ho visto che l’antiriciclaggio di Bankitalia e la Finanza si sono interessati a un’altra sua consulenza, per un totale di un milione, da parte del gruppo Onorato. Vedremo cosa ne uscirà.
Anche la piattaforma Rousseau è saldamente in mano a Casaleggio, che in questo modo può determinare l’esito delle consultazioni online.
Non so se può determinarle, di certo il Garante lo ha sanzionato per infrazioni gravissime, potenziale profilazione dei votanti, possibile riconducibilità dei voti espressi ai votanti. Cose molto gravi, per chi gestisce un’azienda che si occupa di dati. Proprio per questo non credo che Davide Casaleggio intenda farsi scippare M5s. Gli conviene la linea Di Maio: tentare di fare l’ago della bilancia, con un M5s eventualmente più piccolo ma non sottomesso e annesso di fatto al Pd.
Come sono orientati deputati e senatori?
Fino a che non escono allo scoperto, è difficile dire quali saranno le sorti della stampella contiana. Uno screening da fare, per esempio, sarebbe quello tra chi è al primo e chi è al secondo mandato. Questi ultimi non possono ricandidarsi con M5s. Ripeto, sono scettico sui numeri di una pattuglia Fioramonti, ma sopratutto sui voti che prenderebbe. Secondo voi nelle urne prende più voti Di Battista o Fioramonti?
Dove si basa questo tuo scetticismo?
In questi anni M5s ha sviluppato – era una precisa direzione indirizzata da Gianroberto Casaleggio – una propaganda molto dura e estrema, convergente con quella leghista, anzi, sarebbe più corretto dire che è la Lega ad aver copiato M5s, perché su euro, Europa e migranti le posizioni scettiche o contrarie di M5s precedono quelle di Salvini, che su molti punti ha fatto suoi, raffinandoli, i temi dei 5 Stelle. Non viceversa.
E quindi?
Quando questo è avvenuto, gli elettorati hanno iniziato a convergere. Si è creato un aggregato elettorale quasi unico. Nei primi mesi del Conte 1, M5s è sceso dal 32 al 20% circa, mentre la Lega è salita di quasi 10 punti. Non è un travaso, ma ci va vicino. Adesso, a quattro mesi dal varo del Conte 2, non vediamo un travaso di voti dal M5s al Pd. È un fatto, non una mia opinione.
La situazione è ferma.
Questo ha indotto qualcuno a pensare, secondo me vanamente, di poter portare in un’alleanza con il Pd i voti Cinquestelle rimasti o almeno una parte.
Grillo ha in serbo qualcosa?
Ne dubito. È ormai ridotto all’angolo, totalmente extra-politica, più che mai. Ricordiamoci quello che avrebbe detto Grillo il 17 dicembre all’Hotel Forum di Roma. Lo ha riportato Labate sul Corriere. “Io dovrei convincere i senatori a non andarsene con Salvini? Io ho la villa e un’attività, Casaleggio la sua società e i suoi soldi. Ma vi è chiaro o no che, se si rompe il giocattolo del governo, tutta questa nostra gente che abbiamo portato in politica ce la ritroviamo sotto casa a chiederci un lavoro?”.
Un virgolettato feroce.
Non è stato mai smentito, dunque lo riporto. Il governismo è la loro assicurazione sulla vita.
(Federico Ferraù)
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