Il caso che ha sconvolto la Francia (e non solo) del professore decapitato da un giovanissimo ceceno islamista pone conseguenze non da sottovalutare nella diatriba politica in corso in Italia su “ius soli” e “ius culturae”. Ad aprire il “caso” è l’editoriale del 22 ottobre del Corriere della Sera a firma Ernesto Galli della Loggia: la morte di Samuel Paty, orrendamente decapitato per aver mostrato in classe in una lezione sulla libertà di espressione le caricature di Maometto su “Charlie Hebdo” non ha da raccontare solo la viltà e la barbarie dell’ideologia islamista. «Nella meccanica dell’attentato c’è un particolare agghiacciante: il duplice ruolo degli studenti islamici del professore», sottolinea l’editorialista del CorSera. La concessione della cittadinanza italiana a seguito del percorso di studi nelle nostre scuole (il cosiddetto ius culturae) potrebbe giungere per tutti quegli immigrati legalmente in Italia, ma per Galli il problema si pone eccome sulle “origini” di queste persone: il caso Paty insegna, secondo lo scrittore e giornalista, come ad esempio una studentessa “scandalizzata” dalla lezione abbia potuto denunciare il tutto alla famiglia creando un tam tam mediatico islamista che ha iniziato a “creare” terra bruciata attorno al professore francese.



IL MONITO DI ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA SULLO IUS CULTURAE

Ma non solo: «poiché il terrorista ha deciso sì di trucidare quella persona ma non l’ha mai vista, e quindi non è in grado di riconoscerla, sono sempre due studenti di Samuel Paty che glielo indicano, ben sapendo — come gli inquirenti pare che abbiamo accertato — che l’uomo è lì per dare una lezione al povero insegnante», sottolinea ancora Galli della Loggia. E dunque l’avvertimento è lanciato, tanto alla Francia – che con l’integrazione della cosiddetta “seconda generazione” di immigrati ormai da anni registra fallimenti uno dopo l’altro (basti pensare al Bataclan, ndr) – quanto però pure all’Italia: «in queste faccende le cose sono assai più complesse di quanto la nostra mentalità illuminista è indotta a credere: forse a un ragazzo immerso in un ambiente inquinato dal fanatismo religioso non basta aver frequentato un ciclo scolastico per essere considerato immune da influenze perverse». Per Galli l’assunto è delicato ma quanto mai necessario da considerare: «dare anche un’occhiata alla sua famiglia prima di dargli la cittadinanza non sarebbe male».

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