Non è stata una navigazione tranquilla quella che il Governo guidato da Giorgia Meloni ha conosciuto da quando è nato, poco più di quattro mesi fa. La questione migranti, dopo la tragedia di Cutro, rappresenta però lo scoglio più insidioso, specie dopo che sul banco degli imputati è finito il ministro meno politico di tutti, il titolare dell’Interno Matteo Piantedosi.
Nonostante la sua vasta esperienza di prefetto, l’inquilino del Viminale rappresenta in questo momento il ministro più esposto del Governo. All’approccio realistico mutuato da Matteo Salvini (la Meloni ancora in campagna elettorale chiedeva un improbabile blocco navale), di cui era stato capo di gabinetto nel 2018/2019, si è aggiunta la poco felice e uscita sulle partenze per i viaggi della speranza che ogni genitore dovrebbe evitare, se questo vuol dire mettere in pericolo i propri figli. Parole che hanno provocato la levata di scudi dell’opposizione, che quando oggi e domani Piantedosi si presenterà in aula per riferire sull’accaduto si ritroverà compatta, grazie anche all’asse fra Conte e la neo-leader del Pd, Schlein. Richiesta di dimissioni, al momento, non mozione di sfiducia, anche per evitare la chiusura a riccio della maggioranza di governo.
La poltrona di Piantedosi non sembra però a rischio in questo momento. Per quanto si racconti di una premier furibonda per questa uscita improvvida, cedere sul ministro dell’Interno equivarrebbe ad ammettere la debolezza del governo. Meloni non se lo può permettere.
Non sarà in aula a difendere fisicamente il suo ministro, ma non lo può abbandonare, neanche se volesse. Non a caso la vigilia dell’intervento parlamentare di Piantedosi è stata segnata da una secca smentita di Palazzo Chigi sia alla voce di una convocazione del ministro a rapporto, sia a divergenze sulla linea da tenere in materia di immigrazione.
In realtà questa linea, dopo il naufragio di Cutro e i suoi settanta morti, è in rapida evoluzione. Meloni si sta chiedendo se non abbia sbagliato a non recarsi subito sul luogo della tragedia, e per recuperare ha convocato il Consiglio dei ministri nella cittadina crotonese per giovedì pomeriggio. Il suo staff lavora alacremente per portare provvedimenti non di mera facciata all’approvazione. Il gesto simbolico conta, ma serve anche la ciccia.
Da dove cominciare? Sicuramente dalla sponda offerta da Sergio Mattarella, netto sin dalle prime ore nel richiamare con tutta la sua autorevolezza l’Europa alle sue responsabilità. Lui sul posto ci è andato, ha visto le bare allineate nel palasport di Crotone e ne è tornato scosso. Convinto ancora di più, lo ha ribadito a Potenza, che servano segnali chiari – e subito – contro il traffico di esseri umani.
La stessa priorità, fermare gli scafisti, è stata espressa da Papa Francesco, che ha raccolto l’immediato plauso della premier. Non sono state smentite le voci di un dialogo fra le due sponde del Tevere apparse su molti giornali, che appare plausibile. Si tratta di una tela da tessere contemperando elementi differenti: pugno di ferro nei confronti dei trafficanti, maggiore umanità per chi arriva, interventi nei Paesi di origine dei flussi e soprattutto flussi di immigrazione regolare significativi, sollecitati peraltro anche dal sistema delle imprese, industria, servizi ed agricoltura, alla ricerca di centinaia di migliaia di lavoratori. Il tutto con una pressione sempre più forte sull’Unione Europea, perché le aperture registrate al Consiglio europeo straordinario di un mese fa finalmente si concretizzino in un aiuto a sorvegliare il confine marittimo del continente in maniera allo stesso tempo più efficace e più umana.
Dovrà compiere delle scelte Giorgia Meloni, anche giovandosi del nuovo approccio più moderato di Matteo Salvini. Non potrà non tenere conto del sorprendente sondaggio di Alessandra Ghisleri, secondo cui solo un italiano su tre è convinto che la colpa della tragedia di Cutro sia della politica. Dovrà dare corpo all’affermazione di volere evitare che simile tragedie si ripetano. La “fase 2” del suo governo non potrà che cominciare dall’’emergenza migratoria.
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