Ripercorriamo le vicende politiche degli ultimi giorni attraverso le prime pagine dei principali giornali. Partiamo da venerdì, quando Giorgia Meloni annulla una trasferta a Trieste per un lungo pranzo al Quirinale. Nel capoluogo del Friuli-Venezia Giulia, la premier avrebbe dovuto chiudere la campagna elettorale per le regionali a favore del governatore leghista Massimiliano Fedriga. Ma il Colle urge. Su quanto si sono detti i due presidenti a tavola, dal Quirinale non sono trapelate indiscrezioni, e nemmeno da Palazzo Chigi. Tuttavia, il giorno dopo i principali giornali davano tutti la stessa versione: in quelle due ore di colloquio Sergio Mattarella aveva tirato le orecchie alla Meloni. Una strigliata per la stretta sui migranti che non risolverebbe nulla, una ramanzina per il nuovo codice degli appalti che favorirebbe le imprese amiche dei sindaci, una lavata di capo per la chimera chiamata ponte sullo Stretto di Messina, e infine la madre di tutte le rampogne: i ritardi sul Pnrr e il sempiterno pericolo di “perdere il treno dell’Europa”.
“Ecco i timori del Colle”, titolava Il Foglio. Scelta analoga per la Stampa: “Pnrr, i timori di Mattarella”. “Spinta del Colle per il Pnrr”, gli faceva eco Il Messaggero. I timori diventavano addirittura un “allarme del Colle” su Repubblica. Più sobrio il Corriere della Sera: “Migranti, vertice per decidere”. Secondo i principali organi di informazione, la Meloni se ne sarebbe uscita dal Quirinale più o meno come il generale Cadorna da Caporetto. Tuttavia, poche ore dopo l’arrivo dei quotidiani in edicola, l’agenzia Ansa riporta le dichiarazioni del commissario europeo all’economia Paolo Gentiloni rese in mattinata al workshop primaverile Ambrosetti a Cernobbio.
“Sul Pnrr esiste certamente un margine per rinegoziare i termini”, dice l’ex presidente del Consiglio, che è il principale anello di congiunzione tra Roma e Bruxelles. “Quando arriveranno le proposte di emendamento da parte italiana, la Commissione è pronta a esaminarle con il massimo di collaborazione e di flessibilità”, aggiunge Gentiloni. “Il massimo di collaborazione e di flessibilità”: è un’apertura amplissima. Spiega il commissario Ue: “Abbiamo già approvato la revisione di piani per tre paesi, Lussemburgo, Germania e Finlandia. Sono ottimista, non sono preoccupato affatto per l’erogazione richiesta a fine dicembre. Vedo grandissima buona volontà da parte del Governo”.
Non è che per l’indomani ci fosse da aspettarsi una raffica di titoli pro Meloni sui grandi giornali, ma neppure il silenzio d’ordinanza generalizzato. Nemmeno i tre quotidiani di centrodestra citano Gentiloni, che compare in due occhielli, su Corriere della Sera e Stampa, e in un sommario del Messaggero. Se va bene, la conferma che sarà possibile modificare il Pnrr italiano viene nascosta all’interno. In prima pagina Stampa e Repubblica ricordano comunque, a caratteri cubitali, che “Il Pnrr è a rischio” e che “è finito solo l’1% dei progetti”.
Tuttavia, assieme a Gentiloni, è sparito pure Mattarella. Dopo le incontestabili aperture europee, nessuno può più sostenere la tesi che venerdì il capo dello Stato abbia sgridato la presidente del Consiglio sul Pnrr. Perciò meglio glissare. Ma se questo è vero, vuol dire che in realtà i titoloni allarmistici di sabato erano privi di fondamento. È semplicemente una “narrazione” tesa a screditare il governo. Così, giusto perché si sappia.
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