Un vaccino made in Italy fermo al palo per colpa della burocrazia: è un vero paradosso quello che sta vivendo da mesi ReiThera, la società biofarmaceutica di Castel Romano che ha sviluppato e brevettato una nuova piattaforma vaccinale basata su vettori di adenovirus derivati da primati e che negli anni scorsi ha realizzato vaccini contro l’Ebola e la malaria.



Il progetto del siero italiano era infatti nato con i migliori auspici sotto il governo Conte 2, difeso e pubblicamente sponsorizzato (almeno a parole) da Domenico Arcuri nella doppia veste di Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 e amministratore delegato di Invitalia, ma si è arenato nel momento in cui ha dovuto ricevere i soldi dello Stato necessari per portare avanti la sperimentazione. A fine gennaio, dopo sei mesi di silenzi, Invitalia aveva annunciato un investimento di 81 milioni, di cui 41 a fondo perduto, ma l’azienda non ne ha finora ricevuti nemmeno un quarto, scoprendo poi che il motivo del blocco era da ricondurre a una decisione burocratica della Corte dei conti.



Al danno di non aver ricevuto i necessari fondi promessi per l’inizio della fase 3 di sperimentazione si è aggiunta poi anche la beffa: circa un anno fa, nella primavera del 2020, il progetto di ReiThera era infatti stato oggetto delle attenzioni e dell’interesse di un fondo americano disposto a versare 30 milioni per consentire all’azienda di avviare in tempi rapidi la fase 2 di sperimentazione. ReiThera preferì però fidarsi delle promesse di Arcuri. Una scelta che, alla luce dell’attuale inerzia delle istituzioni, rischia di portarla non solo al fallimento del progetto, su cui ha creduto a tal punto da assumere decine di persone solo nell’ultimo anno, ma anche all’esposizione verso le banche, senza la necessaria e vitale copertura promessa dallo Stato, per gli investimenti fatti in questi mesi. Le motivazioni della Corte dei Conti, pubblicate proprio ieri, riguardano aspetti tecnici non di competenza di un’azienda che si è lasciata guidare in questo lungo processo, la cui brusca interruzione rischia di pregiudicare il buon esito della ricerca sul vaccino.



Ed ecco arrivare l’ulteriore paradosso di questa vicenda assurda: un vaccino italiano sarebbe probabilmente arrivato prima con i soldi privati, per esempio i 30 milioni di euro proposti da un fondo americano a maggio dello scorso anno.

Come finirà la vicenda? Quali saranno a questo punto gli eventuali tempi di produzione del vaccino? Arriverà nel 2022 quando già ci saranno vaccini di seconda generazione? L’eventuale siero, se mai arriverà, sarà destinato agli italiani o ai paesi africani come è stato ipotizzato in questi giorni?

Troppe domande e incertezze. Nell’attesa delle risposte del Mise e di Invitalia, a pagare rischia di essere proprio ReiThera, che potrebbe vedere naufragare il proprio vaccino, che nella prima fase di sperimentazione ha già dato ottimi risultati scientifici.

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