Anche i più acerrimi avversari politici riconoscono a Matteo Salvini una capacità tattica molto alta. L’eccellente mossa di aver permesso al vice ministro Edoardo Rixi di dimettersi dal governo, dopo la sentenza del tribunale di Genova che ieri lo ha condannato a 3 anni e 5 mesi per peculato con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, ha smontato sul nascere una guerra di posizione che molto probabilmente avrebbe portato alla crisi del governo giallo-verde.
Tuttavia questo dispositivo apre una ferita nel contesto politico ligure, già scosso dall’imminente uscita da Forza Italia del presidente Giovanni Toti, impegnato a realizzare un nuovo soggetto politico che superi il partito di Berlusconi. Infatti assieme a Rixi sono stati condannati anche il senatore leghista Francesco Bruzzone e il consigliere regionale Matteo Rosso, uomo forte di Fratelli d’Italia sotto la Lanterna. Una debolezza strutturale del ceto dirigente politico ligure che sicuramente nei prossimi mesi scompiglierà le carte e metterà definitivamente in archivio il laboratorio politico che nel 2015 fece della Liguria il modello vincente del centrodestra e che in anteprima portò alla conquista di tutte le Regioni del Nord. Incertezze oggi che si faranno sentire nei futuri assetti dei partiti ai quali spetterà di elaborare l’accordo politico per le prossime elezioni regionali del 2020.
Sul piano giudiziario la sentenza di primo grado è sembrata agli addetti ai lavori molto pesante, in quanto a quasi tutti gli imputati è stata aumentata la pena rispetto alle richieste del pubblico ministero. Per prima cosa non sono state accolte le istanze della difesa, che ha chiesto un’interpretazione differente di alcuni articoli della legge regionale 38/1990. La norma infatti dettaglia in modo abbastanza specifico la spesa di rappresentanza, ma i giudici hanno stabilito che nella maggior parte dei casi tali spese, una volta portate a rimborso, si configurino quasi sempre come peculato. Inoltre l’elevato numero di anni comminati dalla corte per molti osservatori sembra eccessivo. Massimo Ansaldo, difensore di uno degli imputati, pur ribadendo il riconoscimento delle attenuanti generiche, ha fatto notare che una della cause che ha portato a pene così pesanti è stato il fatto che secondo i giudici “il momento consumativo” dell’ipotetico reato non è stata la data degli scontrini, quindi il momento temporale in cui sono stati fatti gli acquisti (il 2012), ma quello della rendicontazione, il 2013. Un anno di ritardo che ha fatto scattare la legge Severino, con l’aumento del minimo della pena da 3 a 4 anni. Inoltre molti difensori che saranno impegnati in appello, ha dichiarato Ansaldo, si dovranno necessariamente rifare alle motivazioni della sentenza della Cassazione del caso riguardante Ignazio Marino, non ancora pubbliche, che recentemente ha assolto l’ex sindaco di Roma per una simile tipologia di reato.
Le conseguenze politiche del caso Rixi non sono comunque finite ieri, con le dimissioni dal governo. Infatti se l’interdizione dai pubblici uffici non viene applicata per effetto del ricorso in appello, la sospensione dalla carica di deputato non è automatica, ma in base alla già citata legge Severino, deve essere votata dal ramo del parlamento di appartenenza. A breve dunque vedremo il Senato chiamato a votare per la permanenza di Bruzzone e la Camera dovrà esprimersi per Rixi.
A questo punto bisogna chiedersi come si comporteranno i 5 Stelle. Il tutto dipenderà dalla qualità dei rapporti politici che i due azionisti di governo avranno al momento del pronunciamento delle camere. Un ulteriore inciampo che potrebbe rendere più difficili i rapporti di maggioranza, che già da oggi su molti temi sembrano complicati, dal Tav all’autonomia delle Regioni, sino al cosiddetto sblocca-cantieri.